Contorno di verdure croccanti

Questa è una ricetta che ho avuto da una signora anziana suocera di un’amica ed è diventata ben presto una delle mie ricette del cuore perché è molto semplice, è buona e riscuote sempre successo.

Quando l’ho assaggiata per la prima volta ho voluto la ricetta perché mi aveva colpito molto. La preparazione è adatta anche per piccoli regali “fai da te” a Natale, infatti si possono preparare dei barattoli colorati e gustosi.

Se avanza il liquido dopo aver finito le verdure, lo si può utilizzare per condire le patate lesse o altro: insomma non si butta via niente. Come ho già detto queste verdure mi piacciono molto, spero piaceranno anche a voi!

La ricetta

INGREDIENTI

  • 1 kg di verdure miste pulite: carote, peperoni rossi e gialli, cetriolini, cimette di cavolfiore (particolarmente adatte), cipolline borrettane, finocchi, ravanelli ecc.
  • 1 bicchiere di olio di oliva e.v.
  • 2 bicchieri di aceto di mele
  • 1 cucchiaio di zucchero
  • 1 cucchiaio di sale fino

PROCEDIMENTO

Pulire e tagliare a tocchetti non troppo piccoli le verdure: attenzione ai finocchi quelli vanno tagliati piuttosto sottili e anche le cipolline se non sono piccole vanno ridotte.

Sciogliere in 2 bicchieri di aceto di mele un cucchiaio di sale fino e uno di zucchero: per facilitare l’operazione si può scaldare leggermente l’aceto; dopo, quando tutto è freddo, mescolare il composto con il bicchiere di olio di oliva e.v.

Sistemare le verdure già tagliate in un solo strato in un recipiente largo dove stiano comodamente (a proposito i ravanelli stanno molto bene nel mix ma tendono a perdere il colore e a “stingere”). Ricoprire con il liquido preparato e sistemare in frigorifero il recipiente coperto, va bene anche con la pellicola da cucina.

A questo punto il recipiente deve rimanere in frigo per 3 giorni e 3 notti: al termine di questo periodo le verdure sono pronte.

Si possono usare come una giardiniera per l’antipasto o per accompagnare il bollito, o come un qualsiasi altro contorno, sono molto gustose.

La cosa importante è che non dovranno più essere rimesse in frigo, perché con questo sistema si mantengono a temperatura ambiente.

Si possono sistemare in vasi di vetro tappati, coperte con il loro liquido: si mantengono così al naturale per almeno 2 mesi, ma non c’è pericolo finiscono prima!

Salsa di pollo

Questa che noi in casa chiamiamo “salsa di pollo” è molto semplice da fare, infatti quando eravamo ragazzi molte volte l’abbiamo preparata con mio fratello, anche per qualche cena con i nostri amici e abbiamo fatto una bella figura con poco impegno.

La ricetta

INGREDIENTI

  • mezzo petto di pollo circa 200 gr.
  • 150 gr. di prosciutto cotto magro
  • un barattolo di giardiniera mista sott’aceto (peso sgocciolato circa 200/220 gr.)
  • qualche cucchiaio di maionese
  • a piacere un po’ di salsa Worcester (io non ce la metto)

PROCEDIMENTO

Lessare il petto di pollo in acqua appena salata. Quando è freddo procedere a tritarlo insieme al prosciutto cotto ed ai sottaceti sgocciolati: per questa operazione consiglio di non usare il mixer perché risulta un effetto informe e troppo liscio. Io uso un attrezzo molto semplice, una specie di tritaprezzemolo di plastica (o anche un tritaverdure di quelli che si usavano una volta per macinare la carne), in questo modo il composto è più granuloso ed è più gradevole. Questo “tritatutto” io l’ho comprato al mercato, si trova con facilità.

Mescolare tutti gli ingredienti tritati e legarli con qualche cucchiaiata di maionese, senza esagerare, giusto quella che serve a dare una consistenza morbida.

Se piace un gusto più deciso si può aggiungere un po’ di salsa Worcester.

La salsa a questo punto è pronta e deve stare in frigo per qualche ora così i sapori si amalgamano fra loro; di solito noi a casa la prepariamo la mattina per la sera ma bastano anche un paio d’ore di riposo in frigo.

Si può usare per fare crostini o semplicemente così com’è per una cena estiva, servita in foglie croccanti di lattuga.

 

Le arancine della zia Giovanna

Questa è una ricetta che mi ricorda le mie origini e il forte legame che ho con il luogo dove sono nata e che ancora rappresenta “famiglia” e affetti profondi. La zia Giovanna, appunto, è specializzata in cucina, ma “le arancine” sono le mie preferite. Lei li fa senza piselli, ma se piaccioni si possono aggiungere.

La ricetta

INGREDIENTI – Procuriamoci ingredienti di ottima qualità:

  • 600 gr di carne (cimalino)
  • 700 gr passata di pomodoro (meglio se fatta in casa!)
  • 700 gr di riso carnaroli
  • 200 gr di tuma tagliata a cubetti (è un formaggio di pecora tipico siciliano, si può sostituire, come consistenza, con la scamorza)
  • 80 gr pecorino grattugiato
  • 2 uova
  • 1 cipolla
  • pangrattato di semola aromatizzato
  • prezzemolo
  • sale
  • pepe
  • olio

PROCEDIMENTO

Tritare la cipolla con la mezzaluna, metterla a rosolare con due cucchiai di olio. Aggiungere la carne tagliata a pezzi (ad uso spezzatino) e farla insaporire. A questo punto si aggiunge la passata di pomodoro e la stessa quantità di acqua. Si aggiusta di sale e pepe e si lascia cuocere a fuoco basso coperto.

Trascorsi 30 minuti si toglie la carne, si sfiletta con la forchetta e si aggiunge un po’ di sugo ed il prezzemolo tritato. Bene il ripieno è quasi pronto!

Nel sugo si mette a cuocere il riso. Va tolto al dente e deve aver assorbito tutto il sugo. Aggiungere il pecorino e le due uova.

Bene adesso possiamo assemblare gli arancini, pronti? Io gioco sporco, perchè la zia mi ha regalato degli stampini che sono favolosi! Il segreto è di premere bene con il pestello per creare più spazio al ripieno!

Ma il risultato è ottimo anche “manualmente”. Si prende una abbondante cucchiata di riso e si appoggia sulla mano concava, all’interno si mette carne e toma e si ricopre un un altro po’ di riso. Si compatta bene ed il gioco è fatto!

Non rimane che passare l’arancina nel pangrattato e friggere in abbondante olio caldo.

Buon appetito!

 

 

 

 

 

Pappa al pomodoro

La ricetta

INGREDIENTI

  • Pane raffermo
  • Pomodori maturi
  • Cipolla
  • Aglio
  • Sedano
  • Carota
  • Basilico
  • Olio
  • Sale e pepe.

PROCEDIMENTO

Preparare la pomarola con Olio, Cipolla bianca tritata finemente, uno spicchio d’Aglio, Pomodori maturi spellati, Basilico, Sale e Pepe.

In un recipiente preparare il brodo vegetale con: carota, sedano, mezza cipolla, sale. Si userà per ammollare il pane. Sgocciolarlo e unirlo alla pomarola.

Mescolare per disfare il pane, unire il basilico fresco.

Impiattare, mettere un “C” d’olio e una fogliolina di basilico.

 

 

La zuppa di cipolle di Foffo

Nella nostra bella Pistoia vive un simpatico signore, molto conosciuto in città e da tutti affettuosamente soprannominato Foffo. Per ovvi motivi di riservatezza (dovendo un concorso salvaguardare l’imparzialità), per il momento di lui diremo soltanto che è stato dirigente sindacale e grande viaggiatore. Intenditore di cucina e grande mangiatore, annovera nel suo curriculum di cuoco per passione molte ricette della tradizione culinaria pistoiese e non. Ricette che da sempre ha cucinato e che erano il piatto forte delle riunioni familiari o con gli amici per le festività e le ricorrenze.

Ancora oggi, con la sua pratica Panda bianca, nonostante l’età non più giovane e qualche piccolo ‘acciacco’, Foffo viaggia alla ricerca di prodotti che sono ‘eccellenze’, visita in città i mercatini rionali, e bancarelle dei contadini del territorio, per assaporare e portare in tavola cartocci di affettati e verdure, frutta, formaggi, pane e focacce cotte a legna.

Dalle aie contadine di via Bassa della Vergine, ecco una rivisitazione di una ricetta di origine francese, che nella mani di Foffo è diventata ancor più speciale.

La ricetta

INGREDIENTI

  • 4 chilogrammi di cipolle bianche
  • 2 ettogrammi di burro
  • un pezzo di cappone e uno di magro da brodo
  • odori
  • sale e pepe q.b.
  • formaggio grana
  • fontina
  • sottilette
  • pane a fette

PROCEDIMENTO

Affettare a fette sottili le cipolle bianche. Cuocerle nel burro in una padella grande abbastanza che possa contenere tutte le cipolle. Sfumare con il vino bianco. Coprire tutto con l’acqua e far cuocere quanto basta affinché siano ben appassite. Mescolare le cipolle continuamente. Aggiustare di sale. Un pizzico di pepe a piacere.

Nel frattempo si prepara il brodo con cappone, magro e odori. Unire il brodo alle cipolle e cuocere ancora per una decina di minuti. In una teglia si pone il pane tostato. Sopra il pane mettere il formaggio fontina tagliato fine, il grana, e le sottilette.

Poi si aggiunge il preparato di cipolle. Si inforna per 15 minuti a 200 gradi.

Estrarre, servire e accompagnare con prosecco.

 

Ecco il piatto terminato: “La zuppa di cipolle di Foffo”.

 

 

 

 

 

 

Pan molle

La mia ricetta del cuore è “Il pan molle” o “Panzanella”. È una ricetta povera che utilizza il pane toscano raffermo.

La ricetta

INGREDIENTI

  • 300 gr. di pane toscano raffermo
  • 1 grossa cipolla rossa
  • 1 tazza di aceto
  • 3 o 4 pomodori maturi
  • 1 cetriolo
  • 10 foglie di basilico
  • olio extravergine di oliva
  • sale q.b.

PROCEDIMENTO

Mettere il pane in una terrina, ricoprirlo di acqua fredda e lasciarlo in ammollo.

Affettare finemente la cipolla e lasciarla 2 o 3 ore immersa nell’aceto

Quando il pane è ammorbidito versarlo nello scolapasta per far perdere l’acqua, dopodichè io prendo un asciughino ben pulito, ci verso il pane e strizzo attorcigliando l’asciughino per far perdere tutta l’acqua; il pane deve tornare ben asciutto.

Versare il pane in una grande insalatiera, nel frattempo lavare e pelare il cetriolo e tagliare a cubetti il pomodoro, strizzare bene anche la cipolla e unire queste verdure al pane, condire con olio extravergine di oliva, sale, aggiungere le foglie di basilico. Mescolare con un cucchiaio e riporre in frigo almeno 2 o 3 ore.

Versare un filo d’olio prima di servire in tavola.

Il mio consiglio è di preparare la panzanella il giorno prima, i sapori si amalgamano e il gusto ci guadagna molto.

Non so come spiegare le mie sensazioni quando mangio questo piatto, ma posso dire che questa pietanza armonizza il corpo e i sensi; sazia e pacifica il mio corpo e con il suo gusto esalta e solletica i sensi, non c’è un altro piatto che mi renda così appagata e felice quando lo mangio!

Buon Appetito!

 

 

 

Il Sartù di riso

I ricordi dell’infanzia arrivano anche con gli odori che hai respirato e i sapori che hai gustato da piccola. La mamma milanese ma di origini napoletane non cucinava mai. Il mestolo di casa era della mia nonna materna toscana e grande cuoca.

Ma alla Vigilia di Natale mia madre diventava lei la padrona della cucina e preparava il piatto tradizionale della sua famiglia di Mergellina, ma emigrati da tanti anni in centro a Milano.

La ricetta

La preparazione è lunga.

Preparare un ragù d carne di manzo di 400 gr. con passata e pomodori a pezzetti quanto basta.

Fate bollire per almeno tre ore aggiungendo del brodo di carne e salate.

Intanto lessate il riso 300 gr. Carnaroli. Quando è quasi cotto scolatelo e mettetelo in una padella sfumandolo con un bicchiere di vino bianco.

Lessate 300 gr. pisellini finissimi salateli.

Aggiungete al ragù il riso, i piselli, 100 gr. provola affumicata e 100 gr di salamino piccante se vi piace, se no non piccante. Mescolate bene col riso.

Imburrate una teglia col foro come quelle da ciambellone, spargendo sul fondo del pane grattato. In forno statico preriscaldato a 180° per 40 minuti.

Una variazione importante da tradizione assimilata toscana, è servire il Sartù dopo averlo sfornato su un piatto tondo, è quella di mettere nel foro vuoto centrale dei fegatini di pollo cucinati e cotti con burro, salvia e sfumati in cottura con vin santo.

Un piatto complesso con sapori decisi.

 

Maltagliate con quel del campo

La nonna Maria si raccomandava sempre di usare la farina fatta in montagna, con i grani antichi, “Quella integrale, mi raccomando…” semplicemente derivata dalla macinazione dei chicchi interi.

Facile da dirsi per lei che aveva il mulino di fianco a casa e di farina ne produceva in quantità con le macine a pietra e l’acqua del Rio Botri. Faceva anche il pane e mia zia Marisa, fanciulla in bicicletta, lo portava a vendere a Rivoreta. Ho ancora in mente il profumo inconfondibile dell’impasto che lievitava nella madia. Odori e sapori che non riesco più a rinvenire ai tempi odierni ma che restano impressi indelebilmente nella memoria.

Tornando alla nostra ricetta bisogna setacciare la farina per separare la crusca, ma è comunque molto meglio adoperare quella integrale perché mantiene intatte tutte le caratteristiche nutrizionali.

Ai tempi di mia nonna la crusca mica veniva gettata, serviva poi da alimento per le galline ovaiole, mescolata con acqua e a volte anche avanzi di cucina.

Il resto degli ingredienti, a parte il formaggio, lo forniva l’orto di casa.

In quel di Rivoreta, nonostante l’altitudine di quasi 1000 metri dell’assolata località “Il Molino”, d’estate si riuscivano a coltivare anche i pomodori e il basilico.

Le patate invece non hanno bisogno di particolari cure o attenzioni per questo sono state fin da sempre un alimento imprescindibile e un sostentamento prezioso per la popolazione di montagna.

Certo la ricetta sembrerebbe voler imitare il pesto alla genovese, in realtà è semplicemente un gustoso connubio che utilizza vegetali presenti negli orti domestici; non a caso non c’è traccia di pinoli, frutto caratteristico delle pinete marittime, considerando che la gente di montagna dei tempi passati il mare lo vedeva forse in cartolina, o ne sentiva parlare dagli uomini che nel lungo inverno emigravano in Maremma a lavorare.

La ricetta

INGREDIENTI (per 4 persone)

  • 300 gr. di farina
  • 3 uova
  • Olio: 1 cucchiaino per l’impasto – 3 cucchiai per il condimento
  • 4 patate medio piccole
  • 100 gr. di basilico
  • 100 gr. di formaggio grana o parmigiano
  • 300 gr di pomodorini freschi
  • Sale q.b.

PROCEDIMENTO

Preparare l’impasto con la farina, le uova e 1 cucchiaino d’olio per dare maggiore elasticità; lavorare bene l’impasto sulla spianatoia e poi lasciarlo riposare per mezzora coperto da un canovaccio.

Nel frattempo mondare e lavare il basilico, scolarlo bene e lasciarlo asciugare.

Lavare i pomodori e tagliarli a pezzetti non troppo piccoli.

Tirare la pasta infarinandola bene e poi arrotolarla e tagliarla direttamente con il coltello formando delle tagliatelle di circa un centimetro ma senza preoccuparsi troppo di realizzarle tutte uguali.

Mettere a bollire l’acqua per cuocere la pasta. Pelare le patate e tagliarle a dadini.

Quando l’acqua bolle far cuocere i dadini di patate un paio di minuti prima di aggiungere le tagliatelle.

Le tagliatelle fatte in casa non necessitano di una lunga cottura, bastano 4 o 5 minuti.

In questi pochi minuti frullare il basilico insieme al formaggio, si aggiunge l’olio e, con questa salsa si condiscono le tagliatelle e le patate appena scolate. Infine si aggiungono i pomodorini ed il piatto è pronto per essere servito.

 

Confettura di mele selvatiche e noci di montagna

Il profumo e il gusto un po’ acidulo delle mele selvatiche non ha eguali e dà a questa preparazione un tocco unico che richiama ricordi ancestrali, quelli che probabilmente ognuno di noi mantiene in un angolo della propria memoria pronti ad essere rievocati. Inoltre questa confettura è molto adatta nella sua semplicità in quanto non crea problemi dal punto di vista della consistenza, tallone di Achille delle confetture in genere, quelle che non contengono additivi ovviamente.

Chiunque chiedeva il segreto a mia mamma Giuseppina per avere una marmellata dalla giusta solidità senza farla cuocere esageratamente in modo da conservare intatte le caratteristiche organolettiche, a cominciare dal colore brillante che invece sovente sfocia in una sorta di caramello.

Nessuno voleva credere che non aggiungesse pectina (che di per sé non è niente di artificiale derivando appunto dalle mele) e nessuno pareva riuscire a raggiungere i suoi risultati di consistenza e di colore.

A suo dire il segreto era semplicemente quello di utilizzare la pentola adatta, che non avesse un fondo troppo spesso, cosa che però richiedeva l’impegno di un costante rimescolamento.

In realtà, col tempo e con le prove, mi sono resa conto che la parte migliore la faceva il materiale di cui erano costituite le pentole dell’epoca in cui si era sposata, cioè l’alluminio, ma per lei questa era una cosa naturale, perché quelle c’erano nella sua cucina….

Lei preparava confetture e sciroppi dai classici frutti del sottobosco: mirtilli, lamponi e more e negli ultimi tempi anche e fragole che mio padre si dilettava a coltivare. Ma non solo da lei ho ereditato questa tradizione, prima di lei mia nonna confezionava marmellate anche con la rosa canina, i pomodori acerbi che all’Abetone difficilmente riuscivano a maturare, e lo sciroppo di sambuco dalle decantate proprietà medicinali.

Io mi diletto a spaziare quanto più possibile con tutto quello che i boschi di montagna (ma a volte non solo quelli) ci regalano.

Da questa passione scaturiscono, appunto, la confettura di mele e noci, quella di castagne e ruhm (non vi dico la pazienza per estrarre la polpa ad una ad una dalle piccole castagne di montagna), quella di ciliegie che chiaramente vanno snocciolate ad una ad una, lo sciroppo di ribes, quello di melagrana, di amarene e persino di menta con una tecnica particolare, e qualche liquore come ad esempio quello fatto con il prugnolo selvatico.

Da tempo, poi, mi gira in testa l’idea di utilizzare in qualche modo un’altra risorsa a mio parere inspiegabilmente sottovalutata: la faggiòla, cioè i semi del faggio, per il momento mi sto limitando ad aggiungerla all’impasto del pane fatto in casa.

Insomma, un impegno per tutte le stagioni, tanta pazienza e tanto amore per le tradizioni sono le caratteristiche richieste, senza mai dimenticare la riconoscenza e la gratitudine verso la natura che ci fornisce la materia prima, perché quella ci viene data in dono.

La ricetta (da “I doni del bosco”)

INGREDIENTI

  • 500 gr. di piccole mele selvatiche
  • 150 gr. di gherigli di noci di montagna
  • 350 gr. di zucchero semolato o di zucchero di canna (secondo preferenza)
  • Poca acqua

PROCEDIMENTO

Per prima cosa preparare i vasetti e i coperchi nuovi necessari sterilizzandoli in acqua bollente oppure con altri metodi a piacimento (forno, lavastoviglie ecc..). Lasciarli sgocciolare capovolti su un canovaccio pulito.

Sciacquare le mele, dividerle in quarti e togliere i semi.

Non occorre sbucciare le mele selvatiche dato che non sono trattate, cercare piuttosto di velocizzare la preparazione per evitare che i pezzi di mela scuriscano.

Prediligere piccole mele, ma se proprio non le trovate allora tagliatele in pezzi più piccoli.

Ponetele in una pentola sul fuoco, aggiungendo poca acqua, solo quella che basta per farle ammorbidire senza farle attaccare al fondo e, per lo stesso motivo, mescolare costantemente.

Quando le mele saranno morbide, dopo circa 10 minuti, ridurle in purea con il passaverdura o con il mixer.

Aggiungere lo zucchero e, quando è sciolto, aggiungere i gherigli di noce.

Far cuocere a fuoco lento per 5-10 minuti.

Invasettare subito e chiudere con il coperchio, dopodiché procedere con la pastorizzazione inserendo i vasi in una pentola abbastanza alta in modo che i vasetti restino coperti dall’acqua per almeno 4-5 cm. Portare ad ebollizione e fare bollire lentamente per 20 minuti, dopodiché spegnere il fornello ma lasciare i vasetti nella pentola fino a quando l’acqua sarà raffreddata. La confettura si conserva anche per un anno se mantenuta in un ambiente fresco e buio o perlomeno scarsamente illuminato. La confettura, una volta aperto il vasetto, si conserva in frigorifero per una decina di giorni.

 

 

Testi

La ricetta alla quale mi riferisco ha origini massesi ed è molto semplice, oserei dire quasi
appartenente ad una cucina povera risalente ai tempi di mia nonna. È un piatto veloce, semplice e anche molto genuino; nei tempi in cui era giovane la nonna saziava molto o meglio ancora, come si usava dire, “riempiva la pancia”, e inoltre era molto economico; proprio per questo, quando ero piccola, in casa veniva preparato molto spesso. Questo piatto piace molto anche ai miei figli e alle loro rispettive famiglie infatti, quando vengono a mangiare a casa mia, molto spesso mi chiedono di prepararglielo.

La ricetta

INGREDIENTI (io con la quantità degli ingredienti vado un po’ a occhio, solitamente, nella mia famiglia, ne vengono mangiati 3 o 4 a testa)

  • farina bianca
  • acqua
  • sale q.b.

PROCEDIMENTO

Per farli servono i classici testi di ferro, che quasi tutti i pistoiesi hanno nelle loro cucine, gli 
stessi che solitamente vengono utilizzati per cuocere i necci di farina dolce.

Mettere la farina in una ciotola, salare, aggiungere l’acqua un poco alla volta, fino a raggiungere la densità di una pastella abbastanza liquida.

Far scaldare i testi sul fuoco e ungerli con l’olio.

Mettere su un testo un mestolo di pastella, successivamente coprirlo con l’altro testo. Far cuocere bene la parte sul fuoco, per poi andare a rigirare i testi, in modo tale da far cuocere anche l’altro lato. Prima un lato, gira e poi l’altro.

Quando è cotto metterlo in un piatto, aggiungere sopra un po’ di olio e di formaggio parmigiano grattugiato. In alternativa ad olio e formaggio, si può mettere un po’ di pesto, oppure lardo di colonnata accompagnato da un trito di aglio e ramerino. Per poi avvolgerlo a cannolo, come si fa per i necci.

I testi che ho utilizzato io, sono sempre quelli della nonna, quindi sono molto datati.
 Ah quasi dimenticavo… buon appetito!