Pionieri a confronto

Vi presentiamo alcune delle persone che hanno inviato le immagini per la prima edizione del concorso “Sento, vedo, racconto. Il ritratto della salute”. Pionieri di questo concorso, perciò a prescindere dalle decisioni della giuria (chi vuol conoscerle dovrà essere con noi il prossimo 9 marzo leggi il programma) le loro testimonianze sono la dimostrazione concreta di come un’unica occasione possa manifestare tanti sentimenti diversi, riunendoli empaticamente in un coro armonico, un dialogo cui non facciamo abitualmente caso ma che sorregge la nostra quotidianità.

 

Paola Galligani – “Ho partecipato alla manifestazione organizzata da Voglia di Vivere per l’importanza del messaggio che conteneva, per il piacere di farlo assieme ai miei amici e, non ultimo, per la passione che ho verso la fotografia!”

 

Marco Tesi – “Sono padre di 4 figli meravigliosi – di cui vado molto orgoglioso – e nonno di Vittorio, figlio del primogenito. Ora che sono in pensione faccio del volontariato in Misericordia e il bagnino in estate, aspettando che anche mia moglie vada in pensione. Poi… ci scateneremo a suon di danze standard, che pratichiamo a livello agonistico con la scuola di ballo Magilu Dance che ha partecipato in massa alla Camminata in Città!”

 

 

Nicoletta Quirini – “Sono classe 1959, impiegata, stato libero. Amo la fotografia, il disegno, l’arte, tutto ciò che è creativo: perciò sono particolarmente soddisfatta per aver vinto il primo premio per il look (questo che vedete nella foto) all’ultima Camminata in Città. Dopo aver avuto il tumore al seno, credo sia necessario sensibilizzare la popolazione sull’importanza di fare prevenzione: per questo ho voluto essere presente con Voglia di Vivere.”

 

Sandra Marliani – Grafica di professione, come molte altre donne si destreggia fra lavoro, marito e figlio, senza però trascurare di prendersi anche alcuni momenti per sé, che trascorre sui campi da tennis per tenersi in forma il corpo, e con la macchina fotografica al collo per mantenere in forma lo spirito.

 

Alberto Chirimischi – Tendenzialmente schivo e riservato, è un ragazzo che nella fotografia trova gratificazione al suo modo di esprimersi: e davanti alla bellezza della vita si sofferma, per contemplarla e renderla sua, in modo del tutto personale.

 

 

 

 

Voglia di Vivere Parlare con le Immagini

Parlare con le immagini

“La fotografia è sempre biunivoca.
Racconta la realtà,
ma è anche lo specchio di noi stessi…”
F. Scianna

 

Sin dai tempi più antichi, l’uomo ha espresso la necessità di rendere manifesto il proprio mondo interiore. L’espressione artistica è da sempre stata il canale privilegiato attraverso cui esprimere le sensazioni che non si riescono a far emergere con le parole.
Attraverso l’azione creativa, l’immagine interna diventa immagine esterna, esplicitata, visibile e condivisibile. Diventa un ponte attraverso cui comprendere qualcosa in più di se e farlo comprendere all’altro.
Le emozioni hanno un’importanza fondamentale per lo sviluppo e l’esperienza umana, rappresentano la principale forma di comunicazione ed hanno un impatto molto più profondo delle parole: “Se le parole non sono accompagnate da emozioni appropriate, difficilmente vengono credute” (Duncan, 2007).
I gesti, le immagini, le metafore ed il tono della voce accompagnano ciò che diciamo attraverso le parole: questi elementi aiutano ad esprimere ed arrivare molto più in profondità. L’espressione artistica, come ogni espressione non verbale, stimola l’esplorazione e la comunicazione di aspetti di cui non si è consci.
Dall’Illuminismo in poi, sono stati privilegiati l’aspetto cognitivo, l’intelletto, la ragione, (aspetti caratteristici, in prevalenza, dell’emisfero sinistro) a discapito della creatività, della fantasia, dell’intuizione, delle percezioni sensoriali (aspetti più propriamente elaborati nell’emisfero destro).
Ai nostri giorni, è sempre più evidente come la condizione che garantisce un maggior grado di adattamento nell’ambiente, sia quella che integra aspetto cognitivo ed emotivo, la ragione con la creatività: non una divisione ma un’integrazione per vivere appieno la nostra esperienza.
Confrontarsi con un’immagine, ad esempio, permette di esprimere emozioni, sentimenti difficili da verbalizzare, promuove lo sviluppo e la capacità di un confronto con i propri comportamenti e le abitudini che, altrimenti, andrebbero in automatico. Favorisce l’immaginazione ed il processo creativo e migliora le capacità comunicative e, non per ultima, aumenta la propria autostima e la fiducia in sé.
Nel fotografare esprimiamo il nostro inconscio e viceversa nell’atto di guardare, decodifichiamo le immagini influenzati da esso. In questa ottica la fotografia diventa una preziosa chiave di accesso ai nostri vissuti profondi ed alle dinamiche che li sottendono.
Fotografare, guardare una fotografia sono esperienze che istantaneamente ci mettono in contatto con il nostro mondo interiore e col quale stanno in un rapporto di reciproca influenza.
Jim Casper afferma che: “Il linguaggio della fotografia continua ad essere sempre più interessante e complesso, in quanto diventa il mezzo di comunicazione più universale al mondo”.
In un momento storico in cui è sempre più necessario far rete, creare ponti fuori e dentro di noi, utilizzare un linguaggio che unisca piuttosto che divida, diventa sempre più importante e necessario.

Claudia Bonari

La corriera stravagante

Anche lungo la più lineare e scontata delle vie, a un certo punto si arriva a dover decidere dove andare, quale percorso intraprendere perché la strada presenta una svolta che – come ogni cambiamento – ci porta alla soglia dell’inaspettato. Se poi a qualcuno capita di arrivare alla “svolta dei ribelli”, il cambiamento non può che manifestarsi come sorprendente. Assecondando – e solo per questo motivo – lo stile abituale che ha fatto scegliere paesaggi e personaggi californiani come ambientazione dei suoi romanzi, con La corriera stravagante – edito per la prima volta negli Stati Uniti nel 1947 – John Steinbeck lasciò pubblico e critica piuttosto stupiti per essersi posto con un’insolita verve narrativa, carica di tratti ironici e dalla sottile intenzione allegorica, scelti per raccontare le vicende di un gruppo di viaggiatori che, a causa di un guasto alla corriera che li trasporta, si trovano loro malgrado a dover soggiornare proprio alla svolta dei ribelli. Così chiamata perché i primi pionieri che ci arrivarono erano fabbri rozzi e attaccabrighe, dopo che cadde in malora quella che una volta era stata la loro fucina – trasformata nel frattempo in area di sosta con autorimessa e distributore di benzina – nei primi anni Trenta del Novecento fu rilevata dai coniugi Chicoy, grazie ai quali la svolta dei ribelli – perché ormai così continuava a chiamarsi – cambiò totalmente aspetto, diventando una simpatica stazione di servizio, con tanto di ristorante in cui Alice Chicoy stuzzicava gli avventori con le sue prelibatezze. E la svolta divenne anche stazione di cambio per i Levrieri, gli autobus di lusso che lasciavano qui i passeggeri diretti a San Juan de la Cruz, dove arrivavano grazie al servizio autobus che Mr. Chicoy gestiva insieme al garage.

È nella ventata di simpatia portata dai Chicoy alla rinnovata svolta dei ribelli, che si accende il romanzo: la convivenza fra sconosciuti – costretti a una sosta forzata e prolungatasi ben oltre il previsto – innesca la miccia per una variegata esplosione di stati d’animo, per quel gioco allegorico accennato prima in cui l’umanità è espressa in una carambola di atteggiamento inusuali, che lasciano spesso stupiti gli stessi protagonisti. Intrighi, complicità, sotterfugi, litigi… la narrazione ci offre un campionario di personalità come raramente accade di leggere, atteggiamenti inusuali, di gente che per qualche motivo perde il senso del controllo, e che per questo anima vicende che, in diverse condizioni, probabilmente mai sarebbero accadute. Un romanzo divertente, dal quale si percepisce un autore probabilmente divertito nel giocare con i personaggi che qui ha narrato.

Alessandra Chirimischi

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