Estate…Mente!

Estate, stagione colorata da un’infinità di “tormentoni” musicali, dal sole, il pensiero ed il desiderio di spiagge dorate o verdi panorami di montagna, relax, divertimento. Le giornate sono lunghe e luminose.

Per tante persone rappresenta, dopo la primavera, una rinascita!

 

Ma quali sono i suoi effetti sulla nostra psiche??? Esiste una connessione tra le variazioni stagionali e i nostri comportamenti, le nostre abitudini? Chi è la spia che comunica al nostro corpo cosa accade al di fuori? Gli ambasciatori sono gli ormoni, sostanze trasportate dal sangue e prodotte dalle ghiandole endocrine, dai tessuti e dalle cellule.

 

Mai come in estate siamo esposti ai raggi solari: il sole stimola la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore che favorisce il buon umore e la propensione agli altri. D’inverno le cose cambiano e, seppur con diversi livelli di incidenza, ma ognuno di noi può soffrire di una certa malinconia senza apparente motivo. La radiazione luminosa, quindi, ha un effetto stimolante e antidepressivo, in grado di ridurre lo stress, di migliorare l’umore e di rivitalizzare. Dal punto di vista fisiologico riceviamo determinati ordini, ricordiamoci però che è la nostra mente ad avere l’ultima parola. Uno stesso ormone stimola risposte differenti negli uomini e nelle donne, ma a decidere è sempre la corteccia prefrontale.

 

In estate, poi, la natura è spesso rigogliosa, ricca di colori affascinanti. Il nostro benessere è fortemente influenzato dall’ambiente in cui viviamo, siamo attratti da paesaggi verdeggianti con ampie visuali, dall’acqua che scorre in un torrente di montagna o dalle onde del mare.

 

Con la bella stagione, poi, siamo più propensi a uscire e a fare movimento. Praticare attività fisica senza stress e difficili traguardi, per il piacere intrinseco che ci dà, porta al rilascio di endorfine, ormoni che inducono sensazioni di benessere. Un esempio di attività che favorisce questa condizione? Una lunga passeggiata a contatto con la natura, con un passo svelto ma non affannoso.

 

L’estate, però, per alcuni può avere controindicazioni: alcune persone in estate sono vittime di una particolare sofferenza psichica. Chi tende già di suo, ad avere un umore tendente al “basso”, infatti, può percepire un forte divario tra sé e la realtà circostante. L’estate, infatti, è una stagione associata al divertimento e alla spensieratezza. Attenzione, però a fare in modo che non influisca negativamente sul ciclo sonno-veglia. Giornate lunghe e vita sociale intensa nelle ore serali talvolta inducono un’iperattività che allontana il sonno.

 

Dormire a sufficienza è una precondizione per il benessere psicofisico quotidiano. Sta a noi, quindi, mantenere le buone abitudini per quanto riguarda il sonno. Ad esempio, almeno fuori dal weekend, andiamo a letto all’orario al quale siamo abituati nel resto dell’anno.

 

Noi siamo l’unità di diverse componenti: la parte fisiologica, quella cognitiva e ultima, ma non in ultimo, quella emotiva. Cerchiamo di essere sovrani del nostro benessere psicofisico e compiamo le nostre scelte ascoltando i nostri bisogni, fissando degli obiettivi e sfruttando al meglio le risorse che possediamo per raggiungerli! Una buona consapevolezza emotiva, inoltre, favorisce lo sviluppo di competenze personali e interpersonali: le emozioni sono alla base della struttura delle relazioni con gli altri e influenzano il nostro modo di comportarci.

 

La stagione in cui viviamo incomincia dalla natura, passa attraverso la nostra mente e si esplicita nei nostri comportamenti: se è vero che l’estate e’ la stagione del sole e del divertimento, della libertà e del cambiamento, proviamo ad essere noi gli artefici di questa nostra estate 2021!!

 

Claudia Bonari

VIVERE CON LENTEZZA

VIVERE CON LENTEZZA

“La pazienza è una forma di amore”

                                                      B. Yoshimoto

 

Da quindici anni è stata istituita la Giornata della Lentezza, nel 2021 è ricorsa il 3 maggio scorso. Ma perché la Lentezza è così tanto importante da arrivare a dedicarle un’intera giornata?

 

Intanto, possiamo chiederci: cos’è la lentezza? Rallentare per far passare qualcuno? Una goccia di pioggia che scende lungo il vetro? Fermarsi ad osservare le cose che scorrono?

 

Ognuno di noi troverà il suo significato di “lentezza” e del rallentare, ovvero del prendersi tempo per assaporare e scoprire l’essenza dei gesti, delle piccole cose quotidiane che accompagnano la nostra vita.

 

Vivere con lentezza per non sprecare noi stessi in una ricerca affannosa delle cose che porta a chiederci “Ma è tutto qui?”. Riscoprire la noia per riacquistare un pezzo importante della propria identità.

 

Recuperare il tempo, rallentando. Perché mettere la sveglia all’ultimo minuto invece di anticipare anche solo di 5 minuti e godersi quei momenti prima di alzarsi? Perché non iniziare a soffermarsi sugli sguardi delle persone quando si entra in un bar, scambiare un sorriso o un cenno di saluto quando si incontra lo sguardo?

 

Evitare di riempire, riempire e riempire ogni momento della giornata può spaventare, può farci sentire un po’ fuori posto in questo mondo dove si deve correre e avere continuamente qualcosa da fare, ma se proviamo a rimettere noi stessi al centro ed utilizzare, quando possibile, il tempo per noi…potremmo assaporare un nuovo gusto.

 

Claudia Bonari

S.O.S...DECISIONI DA PRENDERE!

S.O.S…DECISIONI DA PRENDERE!

Un centinaio di anni fa, Albert Einstein rivoluzionò la fisica con la sua teoria generale della relatività. Rivelò che il mondo lineare che Newton aveva descritto era incredibilmente più complicato. Nell’ottobre 2017, il premio Nobel per la fisica è stato assegnato a scienziati i cui esperimenti sulle onde gravitazionali hanno dimostrato che Einstein aveva ragione.

Non di molto tempo fa la notizia che Jeff Bezos, fondatore di Amazon, non prende decisioni importanti dopo le 17:00. Questo perché ritiene di non essere abbastanza lucido per fare scelte ponderate.

Le nostre convinzioni

Il presupposto da cui tutti partiamo è che ognuno di noi decida basandosi sulla razionalità. In realtà, però, siamo influenzati da preferenze apparentemente irrazionali nel fare scelte sui benefici, i rischi, il tempo ed i compromessi. Di fatto queste sono piuttosto diverse da quelle che sarebbero previste da freddi, anche se precisi, calcoli quantitativi.
Le nostre convinzioni sono modellate dalle esperienze recenti e da eventi passati. Spesso sovrastimiamo le ridotte probabilità (come i rischi rari di un farmaco) rispetto a quelle di grandi dimensioni (come i benefici dei farmaci). La ragione è la stessa per cui molte persone temono di morire in un incidente aereo più che in uno automobilistico, anche se quest’ultimo è molto più probabile.

Fattori sociali, economici e politici e quelli che hanno a che fare con la “psicologia diffusa”, con la farraginosità del sistema burocratico e via discorrendo contribuiscono alle nostre idee. In una situazione in cui ogni decisione, dall’uso delle mascherine ai lockdown, dal lavarsi le mani alle vaccinazioni, per essere effettiva deve essere necessariamente “di massa”, quindi applicata da tutti con lo stesso grado, non si può non tenere conto della percezione diffusa del rischio, che quasi mai corrisponde con l’effettività del rischio calcolata su base statistica.

Prendere decisioni

In ogni momento della nostra vita siamo chiamati a prendere decisioni. Quante volte ci troviamo stanchi e spossati, incapaci di prenderne con lucidità a fine giornata? Quante altre siamo provati da ore di lavoro senza che si sia fatta alcuna attività fisica?
Secondo Baumeister e colleghi (1998) il presupposto di base è che la capacità degli esseri umani di controllare il proprio comportamento non è illimitata. Può andare incontro a esaurimento. In maniera analoga alla fatica fisica dopo uno sforzo, ogni scelta che la persona compie consuma una parte di risorse interne che non possono più essere utilizzate per processare le informazioni, ragionare sui problemi e, quindi, prendere decisioni.

Man mano che compie scelte, la persona consuma le risorse che quotidianamente ha a disposizione, arrivando a terminarle. In questo senso, quindi, la stanchezza derivante dal prendere decisioni assume il ruolo di indicatore che le risorse interne si stanno esaurendo.
Per quanto la stanchezza dovuta a scelte ripetute sia un fenomeno naturale è vero anche che, ad oggi, siamo esposti ad una quantità di situazioni in cui è richiesta una scelta molto più che in passato.
Una delle conseguenze più evidenti della fatica da decisione è che la persona diventa incapace di fare compromessi e di riflettere sulle opzioni a disposizione, arrivando ad assumere un atteggiamento passivo nei confronti di qualsiasi nuova situazione in cui debba decidere, facendo scelte che possono apparire impulsive o irrazionali.

Cosa ci può essere d’aiuto?

Informarsi, confrontarsi, fare tesoro delle esperienze passate, affidarsi alla scienza e a professionisti, sono alcune delle azioni che possono aiutarci ad alleggerirsi da questa fatica e poter indirizzare le nostre energie verso ciò che ci aiuta a star bene.

 

Claudia Bonari

 

Primavera e speranza per affrontare la stanchezza da pandemia

Far germogliare la speranza…

Il concetto di speranza è da sempre stato presente sin dalla storia dei popoli ed il suo significato ha assunto declinazioni diverse nei tempi e nelle culture. Una delle varianti del mito di Pandora riporta che il vaso di cui si narra all’origine contenesse tutti i beni lasciati dagli dei all’umanità. A causa della sua curiosità però questi tornarono nell’Olimpo lasciando sulla terra soltanto la speranza che restò come unico conforto agli uomini.

Comprendere e coltivare il ruolo della speranza nella vita porterebbe a un radicale cambiamento nel modo di pensare e di approcciarsi a tutto ciò che accade.

Primavera e speranza per affrontare la stanchezza da pandemia

L’arrivo della primavera porta con sé un messaggio di speranza che può aiutarci a superare le sofferenze che questo periodo inevitabilmente produce. Coltivare la speranza, così come si piantano semi e si custodiscono i primi germogli che richiamano alla vita, può essere un buon esercizio per guardare un po’ più in avanti pur rimanendo ancorati al presente.

È passato un anno da quando il Covid-19 ha messo in pausa le nostre vite. E riavvolgendo indietro il nastro, ricordiamo la scorsa primavera in cui timidamente osservavamo la natura sbocciare dalla finestra. E adesso possiamo chiederci: Cos’è cambiato? Dopo un’estate, che abbiamo vissuto come la fine di un brutto sogno, siamo di nuovo in preda all’insicurezza, ai timori. Un sentimento che ci fa sentire come sospesi e giorno dopo giorno ci sentiamo sempre più fiacchi e sfiduciati. I sintomi a cui abbiamo accennato fanno parte di quella che gli esperti hanno definito “Pandemic Fatigue”: una sindrome che l’OMS ha definito come “Una sensazione naturale di stanchezza e sfinimento dovuta a uno stato di crisi prolungato”. Un nuovo modo di essere stanchi, una stanchezza mentale che immobilizza rischiando di farci cadere nella rassegnazione. È come se il virus avesse “contagiato” anche la mente, facendoci sentire apatici, demotivati e incapaci di sostenere il peso della situazione.

Cosa possiamo fare ora per superare tutto questo?

Oggi, a distanza di un anno, siamo ancora in balia di restrizioni, al momento unica via d’uscita dal virus, e nell’attesa dei vaccini. Ma questa primavera appena sbocciata può essere un’occasione per eliminare tutti i pesi mentali che affaticano la nostra anima e per affacciarci all’energia della rinascita.

La primavera, la speranza che ci aiuta a non arrenderci di fronte alle difficoltà e ci fa tornare la voglia di vivere: alla natura non importa del Coronavirus, non si ferma, continua il suo ciclo vitale e ci rallegra con i suoi fiori profumati. Un’esplosione di colori e luci che mette di buonumore ed accende anche le aree più antiche del nostro cervello. Senza che ce ne rendiamo conto la primavera fiorisce dentro di noi.

Claudia Bonari

L'emozione non ha voce...ma è proprio così?

L’EMOZIONE NON HA VOCE…ma è proprio così?

Il titolo della canzone di Adriano Celentano offre un invito perfetto per riflettere insieme sulla ricchezza della nuova iniziativa proposta da Voglia di Vivere con l’Atelier della Parola.

 

Chi di noi non ha mai, almeno solo provato, a tenere un diario che raccogliesse le proprie emozioni ed i propri pensieri come un consigliere silenzioso e fidato?

 

Quello che per molti è nato come un passatempo adolescenziale, in realtà rappresenta uno strumento potente. Permette di entrare in contatto con sé stessi, elaborare i vissuti, anche quelli traumatici e poterli leggere sotto una nuova luce.

 

Cosa rappresenta la scrittura…

 

“La scrittura non è magia ma, evidentemente, può diventare la porta d’ingresso per quel mondo che sta nascosto dentro di noi. La parola scritta ha la forza di accendere la fantasia e illuminare l’interiorità”, questo sosteneva Aharon Appelfeld, scrittore israeliano.

 

Numerosi studi scientifici riportano che nel momento in cui cerchiamo di dare un nome ed un significato alle emozioni, stiamo attivando le funzioni della neocorteccia. Questo ci aiuta a decifrare quello che è il linguaggio più antico del nostro corpo.

 

Lo psicologo statunitense J. Pennebaker, attento studioso della “scrittura espressiva” sosteneva come questa fosse un potente strumento di guarigione. Permette infatti di far esprimere la parte più profonda di sé, sviluppando la capacità di osservarla con maggiore equilibrio e distacco emotivo.

 

Non dobbiamo aspettarci, tuttavia, effetti immediati. Dobbiamo lasciar il tempo di far emergere e lasciar sedimentare. Dopo qualche ora o al più qualche giorno, i benefici ottenuti si faranno ben sentire, diminuendo i livelli di stress e migliorando lo stato e la percezione di salute globali.

 

La guida esperta di Alessandra saprà accompagnare in questo viaggio dentro di sé, di ascolto del proprio corpo e dei propri pensieri. Facendo tesoro di quello che emerge nel qui ed ora lo potremo poi riformulare in una nuova forma. Sarà importante rispettare i propri tempi e le proprie modalità per accostarsi a quei vissuti che emergeranno in questa possibilità nuova e diversa che sa tanto di libertà.

 

Claudia Bonari

Sentir mangiando…

Sentir mangiando…

Quella tra emozioni e cibo è una relazione bilaterale. Quello che mangiamo influisce sul nostro stato d’animo e le emozioni che proviamo influiscono sul nostro modo di mangiare.

Pensieri ed emozioni

Come ben sappiamo le emozioni hanno un effetto sui nostri pensieri, comportamenti e azioni e “nascendo” nel nostro corpo, ne influenzano tutti i processi. Come sostiene la neuroscienziata Candace Pert (1997): la nostra psicologia diventa la nostra biologia. Che pensieri ed emozioni sono nel nostro corpo ce ne accorgiamo bene quando ci sentiamo impauriti ed il nostro respiro inizia ad essere irregolare, il battito cardiaco si modifica e ci prepara all’azione ed i nostri pensieri si orientano in modo da farci cercare zone in cui trovare sicurezza. Viceversa, quando ci sentiamo apprezzati il ritmo di cuore e respiro si sincronizzano in onde coerenti e armoniche. Entrambe queste situazioni hanno effetti sull’intero nostro organismo sui sistemi immunitario, endocrino e nervoso, sulla produzione di ormoni e di sostanze pro e/o antinfiammatorie e quindi sul globale stato di salute.

Cibo e stato emotivo

La letteratura è ricca di contributi che descrivono il legame tra il cibo e lo stato emotivo. Spesso si tende a soffocare l’emozione attraverso cibi “confortevoli” anziché esprimerla in modo fluido e funzionale. Nell’immediato si potrà avvertire una sensazione di appagamento e di piacere ma poi potranno sorgere emozioni spiacevoli.

Le emozioni sono dei processi fondamentali che hanno molteplici funzioni. Prima di tutto, una funzione adattiva, ossia guidano e proteggono dai pericoli, in secondo luogo una funzione sociale e comunicativa e, infine, una funzione motivazionale. La regolazione emotiva è un concetto che si riferisce alla gestione delle emozioni provate da una persona a seconda delle circostanze e dello stato emotivo altrui.
E’ stato osservato che la vergogna e il senso di colpa sono le emozioni che possono avere una maggiore incidenza negativa sulla dieta.
Esistono diverse modalità di regolazione delle emozioni negative ed il mangiare è una di queste: l’ingestione del cibo può svolgere una funzione consolatoria, ad esempio.
La “fame emotiva” è un segnale che il nostro corpo ci da quando le emozioni iniziano ad alterare quella che è la normale relazione con il cibo. Allora possiamo provare a cantare, ballare, tenere un diario scrivendo i propri sentimenti, fare attività creative, condividere ciò che si sente con qualcuno di cui ci fidiamo e provare, quindi, a trovare un’alternativa ad un comportamento che sul momento può sembrare d’aiuto ma in realtà, poi, può peggiorare il nostro stato di salute.

 

Claudia Bonari

Riscopriamo gli aspetti più essenziali del Natale.

BUONE (inedite) FESTE!

Ci aspettano delle feste in una versione del tutto inedita: le tradizioni, inevitabilmente, dovranno essere rivisitate per far spazio a comportamenti responsabili e protettivi verso noi stessi ed i nostri cari.
E se, per alcuni, le festività sono un sinonimo di gioia e benessere, per altri, in questo momento, possono significare ancora più tristezza e solitudine.

Come vivremo queste festività?

Il periodo natalizio, così come l’estate, rappresenta per molti la possibilità di prendersi una pausa dalle responsabilità e dal dovere in cui ci si concedono momenti di riposo, di svago, di leggerezza. Quest’anno però questi spazi saranno vissuti con minor serenità e saranno ridotti. Tuttavia il fatto di poter promuovere dei comportamenti solidali, che vanno a beneficio di tutti, può aiutare a riportarci agli aspetti più essenziali del Natale.

Cosa possiamo fare per superare questo periodo?

Creare occasioni nuove di scambio e condivisione, pensando a soluzioni alternative e creative per stare insieme, può allentare la tensione. La tecnologia, di cui negli ultimi mesi abbiamo fatto sicuramente indigestione, può però continuare a essere un’alleata per superare la lontananza fisica. Non preoccupiamoci, anzi abituiamoci alla tombolata e al brindisi coi parenti e amici via web. Una comunità si rafforza sicuramente stando insieme in un luogo, ma può farlo anche facendo la stessa cosa, nello stesso momento, in luoghi diversi.

Non dimentichiamo di concentrarci sulle cose giuste…

Dicembre è anche un momento di bilanci emotivi dell’intero anno. Alcune persone possono vivere un sentimento di delusione e fallimento legato alle aspettative disattese e ai traguardi non raggiunti. D’altra parte la possibilità di trascorrere un Natale ancor più in solitudine, può far sperimentare una demoralizzazione ancor più accentuata. Proviamo a sfruttare questo tempo per concentrarci sugli obiettivi futuri, riorganizzando le attività per i giorni che verranno, anche pensando in un ottica di aiuto agli altri. Riscoprire l’effetto benefico dell’altruismo, è stato evidenziato da molti studi, sia un valido aiuto per attraversare l’epidemia. È importante tornare a pianificare, programmare e, ancora di più, sognare e osare.

Infine sfruttiamo al meglio il tempo ritrovato!

Spesso accade che le cose vengano a mancare quando ne sentiamo più necessità: veniamo da mesi di isolamento e restrizioni e, forse, la cosa di cui avremmo più bisogno in questo momento è proprio il Natale, con affetto e vicinanza. Possiamo però sforzarci di trovare nuovi modi per dimostrarli ai parenti lontani. Gli abbracci sono importanti ma possiamo stare vicino alle persone anche solo con la mente e con il cuore e questa è  la forma di vicinanza più vera. Dobbiamo trovare nuovi modi per dirci il nostro e affetto e per abbracciarci.

Il non poter festeggiare come siamo abituati ci può inoltre regalare un tempo e uno spazio di riflessione molto particolare. La nostra vita è fatta di rumore e di velocità e il silenzio può dirci cose importanti. Possiamo costruirci uno spazio psicologico fatto di vissuti ed emozioni in cui “incontrare” le persone a cui teniamo. Possiamo prenderci del tempo e riflettere su cosa significa per noi questa festa. Vediamolo come il punto di partenza per accettare questo Natale così diverso dal solito.

Claudia Bonari

Dormire bene benessere e prevenzione.

Sei un gufo o un’allodola?

Sei più propensa a fare tardi la notte o a svegliarti presto il mattino?
Il rapporto che ognuno di noi ha col sonno e col concetto di riposo è assolutamente unico e personale.
Che dormire bene sia un requisito fondamentale per la salute ed il benessere è ormai sapere comune. Ma è importante sottolineare come il dormire bene e svegliarsi presto abbia anche un importante effetto preventivo sul tumore al seno.

Un recente articolo del British Medical Journal ha avanzato una correlazione, indagata già da tempo dalla comunità scientifica, secondo cui le donne che si svegliano presto e che sono attive già alle prime luci dell’alba, avrebbero una minore probabilità di sviluppare un cancro al seno rispetto a chi, invece, fa le ore piccole e si sveglia tardi. In questo studio del 2019 sono stati indagati non solo gli effetti potenzialmente negativi del lavoro notturno, ma anche i potenziali effetti negativi del cronotipo (ovvero la caratteristica individuale ad essere più attivi alla sera o al mattino).

I dati emersi hanno evidenziato che la tendenza a svegliarsi presto la mattina può aver un effetto preventivo sulla possibilità di sviluppare un tumore al seno. La necessità di condurre ulteriori studi per approfondire questi dati è assolutamente evidente. Ma quanto emerso, si aggiunge a quanto risultato in studi già pubblicati che avevano mostrato come le donne cosiddette “allodole” avessero un tasso di sopravvivenza più lunga e una probabilità inferiore di sviluppare malattie cardiovascolari o di soffrire di disturbi dell’umore ad un livello importante.

Ma perché è importante seguire il nostro ritmo?

Nel momento in cui il nostro corpo è nella fase di sonno, il suo assetto biochimico cambia. Si attivano una serie di funzioni vitali fondamentali per il mantenimento del benessere psicofisico. In questo, gioca un ruolo fondamentale il nostro cervello che, nonostante la sensazione di perdita di coscienza che associamo al sonno, resta in realtà in parte vigile.

Si possono riassumere in due grandi categorie le attività che durante il sonno il nostro organismo svolge. Leliminazione delle tossine e la rigenerazione dei tessuti.

Ma non solo: il sonno serve per riorganizzare e consolidare la memoria. Il cervello infatti approfitta della “pausa” notturna per rielaborare ciò che ci è successo durante la giornata.

Quindi, è importante come prima cosa conoscere il proprio ritmo. Assecondarlo il più possibile rispetto a quelli che sono i tempi che la vita quotidiana ci impone e valorizzarlo come tempo di cura per sé.

Claudia Bonari

ottobre mese in rosa

Ottobre, mese in Rosa!

Tutti gli anni in questo periodo ci siamo sempre concentrati a parlare della Prevenzione, della sua importanza, di quanto sia importante sensibilizzare parenti, amici, conoscenti su questo modo di prendersi cura di sé!

Per quello che stiamo vivendo a livello mondiale, rischiamo di esser travolti dalla paura, dall’ansia, da tutto quello che ci può portare lontano dalle attività che di norma sarebbero rientrate nella routine. Le attività di screening, di prevenzione sono state rallentate, gli ambulatori ingolfati dal lavoro arretrato dei mesi di chiusura durante il lockdown.

In questo anno dove il Covid – 19 ha capovolto vite e organizzazioni familiari, sociali e sanitarie sono cambiati anche tempi e modi di cura per i pazienti colpiti da altre patologie: meno visite in reparto e più contatti online per assicurare assistenza ed evitare il rischio del contagio, ancor più pericoloso per chi è già privo di difese immunitarie.

Il rischio è quello di occuparsi meno di se stessi, perdere di vista e perdersi nei vissuti che invece ci allontanano da noi e da quelle buone prassi che tutti gli anni, invece, ci accompagnano.

Ancora più importante è, allora, far attenzione al proprio corpo, ai segnali che manda, ai cambiamenti che sentiamo e possono essere un buon faro per orientare eventuali approfondimenti.

Fidiamoci di noi, delle sensazioni che il nostro corpo ci manda e rivolgiamoci poi agli specialisti per approfondimenti o anche solo per esser rassicurate!

 

Claudia Bonari

Stress da rientro??? No, grazie!

Andare in vacanza piace a tutti, così come le giornate più lunghe, il sole che tramonta più tardi ed i ritmi che spesso rallentano ma è il rientro che può destare qualche preoccupazione: talvolta la sola idea di tornare alla routine può dare preoccupazioni, malinconia e tristezza e causare stress.

L’ “holiday blues” così come è stato definito, è quella condizione di malessere psicologico dovuto al doversi riadattare al solito tran tran quotidiano.

I sintomi dello stress da rientro dalle vacanze, possono comprendere: sensazione di spossatezza e affaticamento, difficoltà di concentrazione, mal di testa, dolori muscolari, disturbi della digestione e del sonno. Ma anche irritabilità, ansia, tensione, sbalzi d’umore, malinconia e tristezza, senso di vuoto.

Non sottovalutiamo, però, il fatto che il nostro corpo ha innumerevoli risorse per adattarsi ai cambiamenti anche se talvolta può essere necessario tempo e qualche accorgimento in più verso se stessi e ciò che ci circonda.

Potremmo quindi pensare di:

  • Riprendere con gradualità le attività lavorative, concedendosi un periodo di “assestamento” ed iniziando ad affrontare gli impegni a partire dai meno complessi
  • Introdurre abitudini salutari: per esempio adottare comportamenti per regolare il ritmo sonno-veglia; prendersi cura dell’alimentazione
  • Dedicare del tempo alla cura di sé ritagliando uno spazio per le piccole attività gratificanti
  • Praticare attività fisica
  • Ricordare la vacanza, tornare ai momenti felici trascorsi può essere utile a fronteggiare i momenti nei quali ci si sente particolarmente sotto pressione
  • Porsi un obiettivo a breve termine

 

Rispettiamo i propri tempi psicologici e fisiologici di ripresa, concentrandosi sulle cose che è possibile migliorare nelle relazioni, nel lavoro, in famiglia, nella vita,…piuttosto che su quelle che non vanno. Cambiare sì, ma ancor meglio rinnovare: dare quel qualcosa in più che nasce da dentro di sé e che da il senso di unicità.

 

Claudia Bonari