VVV… VivereilVillaggiorosaVerde

Cuore pulsante della Camminata in città, il Chiostro di San Lorenzo accoglie amiche e amici che scelgono di condividere il forte significato di questa giornata. Al chiostro ci si da appuntamento per partire insieme alla scoperta della nostra città, qui si torna per ritemprarsi con un simpatico spuntino, per socializzare e scambiare opinioni ed emozioni, per ballare insieme, per curiosare fra le tanti attività appositamente pensare per rendere la mattinata più ricca di informazioni, curiosità, vitalità… una piccola comunità di persone riunita ad animare quello che vogliamo intendere come un vera e propria comunità: un villaggio tradizionalmente “rosa” che questa volta si tingerà anche un po’ di verde.

Per questo abbiamo voluto chiamarlo “VillaggioVerderosa”, ispirate dal disegno di Riccardo Ciulli stampato grazie alla Agraria Checchi Silvano sulle magliette di questa edizione: se alcuni anni fa realizzò il disegno ispirato alla prevenzione (rosa con un tocco di azzurro, a ricordare che anche gli uomini possono ammalarsi di cancro al seno), questa volta Riccardo ha dato alla sua creazione un tocco di verde ispirandosi al verde del tumore al seno metastatico. Il disegno che domenica 6 ottobre vale come promemoria per l’appuntamento del sabato successivo (il 12 alle ore 16,00) con il convegno “Nastro verde. Convivere con il cancro”, organizzato alla saletta della Sezione Soci Coop Pistoia di viale Adua.

 

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Il piacere di camminare

Non abbiamo la pretesa di considerare la nostra Camminata in città un appuntamento migliore di altri, ma teniamo fermamente a rivendicarne il valore originario: senza peraltro togliere alcun merito a manifestazioni che prevedono attività motorie più impegnative, la nostra Camminata in città è, appunto, una semplice camminata. È un momento in cui ci si ritrova per trascorrere piacevolmente una mattinata, andando alla scoperta della nostra città in modo da vederla con occhi… diversi! Ecco, è la diversità il valore da cui la nostra Camminata ha trovato la sua origine, quella diversità che diventa normalità dal momento in cui qualcosa ti cambia la vita e devi ritrovarla. Imparare a vedere il consueto da prospettive diverse diventa buona pratica per riappropriarsi del benessere: ecco che torniamo ad apprezzare le piccole cose, quelle dalle quali trarre forza se solo ci soffermiamo a ri-guardarle con pacatezza, secondo prospettive che la vita trascorsa correndo non permette di vedere.

 

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Di buca in buca

Al solo sentir nominare la parola vino, alcuni si sono armati di filo spinato per erigere barricate antialcoliste. Perciò, chiariamo subito un paio di punti.

Innanzitutto, ne parleremo in chiave storica, ovvero – grazie alla collaborazione di Associazione Buchette del Vino (che ringraziamo per l’uso delle foto) e Centro Guide Turismo Pistoia – il programma considera una simpatica passeggiata fra le vie del centro, alla scoperta di alcune buchette del vino considerandone le origini e il valore culturale che rappresentano, in quanto testimonianze di un passato che appartiene alla nostra toscanità. Cosa che, di per sé, porterebbe anche ad ampliare il discorso sulla differenza che corre fra bere e degustare… argomento che riprenderemo come merita.

L’altra considerazione è che “il vino fa buon sangue”, o almeno così si pensava al tempo delle buchette: tanto che in alcuni ospedali, compreso il nostro Ceppo, veniva distribuito. A proposito del Ceppo Claudio Gori spiega che: «una buchetta, di cui purtroppo resta solo la cornice, si trova sul lato sud dell’antico chiostro delle Oblate, di fronte alla sede degli Amici del Ceppo. Il chiostro venne tamponato forse durante i lavori che a metà ‘700 interessarono l’ospedale: qui dovettero essere realizzate le cucine dello stesso, collegate alle sottostanti cantine. Anche nello spedale fiorentino di S. Maria Nuova (che controllava il Ceppo pistoiese) è documentata una “stanza della buca dove si vende il vino”agli esterni, senza contare il fatto che al vino all’epoca veniva attribuito un importante valore tearpeutico, tanto da rendere necessario un locale apposito per la sua distribuzione

E poi, diciamolo forte e chiaro, un bicchiere di buon vino non rovina certo la salute: anche la nostra nutrizionista Lisa Sequi, un bicchiere a pasto lo consente. Come in ogni altra cosa della vita… sono gli eccessi a fare danno!

 

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Prospettive… rosee?

Abbiamo girato le strade di Pistoia “Con il naso all’insù”. Siamo anche andate alla scoperta della toponomastica femminile sostando alla Biblioteca Forteguerriana e scoperto la ricchezza del Museo del Ricamo, appositamente aperti per noi. Ci siamo soffermate sul lungo Brana ad ascoltare le Donne di Carta che con le loro letture allietavano il cammino, e in alcuni luoghi fra i più seducenti della città (come per esempio santuario della Madonna dell’Umiltà e di San Giovanni Fuorcivitas) che allievi del Liceo Artistico Petrocchi hanno raccontato per noi, esaltandone il valore. Insomma, ne abbiamo inventate davvero di tutti i colori per gustare Pistoia in tante forme e far sì che la nostra Camminata in città fosse un crescendo di entusiasmo.

E ferma restando la predominante rosa del nostro agire – amiamo essere ottimiste – anche per questo 2019 abbiamo scelto di colorare la prima domenica di ottobre non soltanto con la gioia dell’arcobaleno che contraddistingue il logo di Voglia di Vivere, ma anche di dare al rosa una pennellata di verde… quel verde per antonomasia associato alla bellezza dell’ambiente, e che è anche il colore scelto a rappresentare il seno metastatico. Due temi che ci sono cari, verso i quali abbiamo scelto di orientare ancor maggiore impegno: proprio perché vogliamo agire con ottimismo!

L’ottimismo che prende vita dai piccoli gesti quotidiani, piccole attenzioni da dedicare a noi, agli altri, al mondo che ci circonda… qualcuno le chiama gentilezza, altri consapevolezza, altri rispetto… sono piccole attenzioni che rendono la vita migliore e che, come accade per le gocce d’acqua, una volta insieme diventano forza prorompente. Come la forza del volontariato, delle tante persone che, ciascuna secondo le proprie possibilità, rendono disponibile una parte del loro tempo per offrire qualcosa di sé agli altri.

E il primo beneficio arriva proprio a chi li compie, i piccoli gesti, perché la gentilezza genera pensieri positivi, che diventando sana abitudine fa il resto. Ecco che con la Camminata in città 2019 abbiamo scelto di dedicare ai piccoli gesti più attenzione di quanto abitualmente mettiamo nel fare le cose, così da renderla festa della gentilezza. La Camminata è infatti un momento di consapevolezza, per ricordare come la salute passi da poche ma importanti scelte: quella di controllarsi con regolarità, e mantenere uno stile di vita che segua – appunto! – piccole ma essenziali regole di ben-essere. Per apprezzarla nella sula completezza, scopriamo alcuni dettagli sulla Camminata 2019. Clicca sui titoli per gli approfondimenti:

 

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No ball, sì party!

A decretare l’inizio ufficiale della Camminata in città è stato sin dalla prima edizione il lancio di allegri palloncini rosa, che aprendosi al cielo scandivano tutta la Voglia di Vivere che la manifestazione rappresenta.

Ci siamo però rese conto che questa medaglia gioiosa ha un rovescio per nulla benevolo, contrario anzi a ogni messaggio di salute che la nostra Associazione da sempre si impegna a diffondere. Perciò abbiamo scelto di rinunciare a quel momento così partecipato, perché in realtà i danni che i palloncini possono provocare sono molto gravi, per tutti gli animali (terrestri e marini): il progetto CleanSeaLife lo ha dimostrato, e continua a dimostrarlo, con i fatti (ringraziamo Eleonora de Sabata per l’uso delle immagini: chi volesse conoscere più a fondo il progetto può farlo cliccando qui).

Però… la festa deve essere festa, e ormai ci conoscete abbastanza da sapere con certezza che potete fidarvi quando assicuriamo che il “via” alla Camminata 2019 sarà scandito da un momento di grande allegria: abbiamo già un’alternativa ai palloncini, certamente non meno simpatica… anzi!

Chi sarà con noi domenica 6 ottobre, potrà verificarlo da sé!

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Senza rompere le uova

Articolo realizzato a cura dall’ambulatorio nutrizionale di Voglia di Vivere

Le uova sono un alimento che troviamo quotidianamente sulle nostre tavole, che siano all’interno di prodotti più elaborati o mangiate tali e quali. Contengono qualche vitamina e sali minerali, sono fonte di lipidi ma soprattutto permettono l’apporto di proteine ad alto valore biologico.
Esistono diverse tipologie di uova sul mercato, quelle che abitualmente compriamo nei supermercati sono uova di categoria A e cioè sono destinate al consumo diretto, mentre quelle di categoria B sono utilizzate per preparazioni industriali e hanno una qualità leggermente più scadente. In base alla taglia, possono inoltre essere classificate come piccole (S), medie (M), grandi (L) o molto grandi (XL).
La normativa di riferimento per l’etichettatura e le informazioni in essa riportate è la stessa per uova, carne e pesce e corrisponde al Regolamento CE 2295/2003.
Secondo questo regolamento, su ogni uovo, così come sulla confezione, è obbligatoria l’apposizione di un codice alfanumerico, utile per la tracciabilità del lotto. Analizziamolo insieme: il primo numero corrisponde alla tipologia di allevamento impiegata per l’ottenimento delle uova:
– 0 – le galline vivono all’aperto per almeno un terzo della loro vita e sono alimentate con mangime biologico.

-1 – le galline hanno accesso quotidianamente all’esterno per razzolare, sono allevate con una densità superiore alla categoria 0 e non viene utilizzato mangime biologico.
– 2 – le galline vivono libere a terra, sono allevate in capannoni chiusi senza accesso all’esterno. La densità di allevamento non varia da categoria 1 alla categoria 2.

– 3 – le galline sono allevate in gabbie ad alta intensità e hanno a malapena lo spazio per muoversi.

La sigla seguente all’interno del codice è riferita al paese di origine delle uova – in Italia si vendono perlopiù uova italiane. Le successive tre cifre corrispondono al codice ISTAT del comune di allevamento, mentre la seconda sigla indica la provincia di allevamento. Infine, l’ultima serie di numeri si riferisce al nome e all’indirizzo dell’allevamento di provenienza.

Come muoversi quindi nella scelta delle uova da consumare? Da un punto di vista nutrizionale non esistono grandi differenze tra uova prodotte da galline allevate all’aperto e quelle invece allevate in gabbia. Le piccole variazioni riguardano perlopiù gli aspetti fisici come lo spessore del guscio (più rigido nelle uova categoria 0), la densità dell’albume e il colore del tuorlo (leggermente più intenso nelle uova di galline allevate all’aperto). Le uova di categoria 3 sono però risultate più fresche in una serie di studi effettuati su uova comprate al supermercato, e questo può essere dovuto alla maggiore efficienza dei processi produttivi degli allevamenti intensivi, i quali permettono una più rapida prelevazione dell’uovo una volta deposto. Se poniamo l’argomento su di un piano etico, però, la questione cambia: i metodi intensivi sono una tipologia di allevamento molto poco sostenibile e, si spera, destinati all’estinzione. Il sovrapprezzo delle uova di galline allevate all’aperto corrisponde ad una spesa affrontabile da chiunque – si tratta infatti di poche decine di centesimi in più – e garantisce il benessere fisico ma soprattutto psicologico degli animali, i quali mostrano più bassi livelli di stress, minor aggressività e comportamenti tipici della specie, come il ruspare e la gerarchizzazione della popolazione, assenti nelle galline in gabbia per mancanza di spazio.

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Codici bovini

Alla fine degli anni 90, con la diffusione del morbo dell’encefalopatia spongiforme bovina BSE, più comunemente conosciuta come morbo della “mucca pazza”, vengono ridefinite le normative europee che regolano il commercio di carne bovina. Il Regolamento CE 1760/2000 introduce così la tracciabilità dei prodotti bovini permettendo, in caso di emergenza igienico-sanitaria, di risalire direttamente agli animali e all’azienda nella quale si è manifestato il problema. Secondo questo Regolamento, ogni animale è quindi identificato con una documentazione che lo accompagna lungo tutta la filiera produttiva. La tracciabilità rende dunque trasparente il processo produttivo di carne bovina e permette di ristabilire la fiducia tra consumatore e produttore, destabilizzata dagli episodi di BSE.
Le normative di riferimento in questo ambito sono il Regolamento citato precedentemente e le modifiche ad esso applicate nel corso degli anni, delle quali l’ultima risulta essere del 2015.

Le informazioni obbligatorie da apporre in etichetta sono valide per tutte le parti della carcassa costituite da muscolatura striata, per le carni macinate costituite esclusivamente da carne bovina e sale, e per le rifilature dei tagli anatomici costituiti da muscolatura striata. Non vengono invece applicate alle frattaglie e alle preparazioni a base di carne.
I prodotti di carne bovina devono quindi essere obbligatoriamente accompagnati dalle seguenti informazioni in etichetta:
– paese di nascita
– paese di allevamento
– paese di macellazione con bollo CE e numero di approvazione
– paese di preparazione per le carni macinate
– paese di selezione con bollo CE enumero di approvazione
– codice alfanumerico di riferimento tra animale e lotto.

Le prime quattro indicazioni, qualora si svolgano nello stesso paese, possono essere sostituite con la dicitura “origine”. Qualora la carne non provenga da un paese dell’Unione Europea, deve contenere l’indicazione: «Allevato in: non UE» e «Macellato in: (nome del paese terzo in cui è stato macellato)». Eventuale informazioni aggiuntive possono riguardare:
– sistema di allevamento
– alimentazione dell’animale
– trattamenti terapeutici e loro sospensione
– razza o tipo genetico dell’animale
– periodo di frollatura

Per la vendita al dettaglio vigono le stesse normative: in macelleria, le carni devono comunque essere accompagnate dalle stesse informazioni obbligatorie, riportate solitamente su di un apposito cartello presso il banco frigo.

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