Gruppo di crescita personale

Fare gruppo, sentirsene parte, è uno dei modi migliori per percepirsi più forti e vivere con maggiore serenità il rapporto con noi stessi. Viene, di conseguenza, che si possano affrontare meglio le difficoltà che la vita ci mette di fronte.

Questa, in breve sintesi, la finalità del Gruppo di crescita personale, uno strumento di incontro per stimolare la spontaneità e le potenzialità creative che ogni persona, attingendo all’energia del gruppo, può sviluppare. A condurre gli incontri sarà la psicologa Beatrice De Biasi, da anni preziosa collaboratrice di Voglia di vivere, sotto la cui esperienza il gruppo potrà lavorare nella serenità di un ambiente facilitante e protetto, uno spazio sicuro dove poter esprimere vissuti ed elaborare emozioni. Il Gruppo di crescita personale, infatti, si propone con attività che via via promuovono l’affidamento e l’accettazione reciproca, in un clima di non giudizio, dove a ciascuno dei partecipanti è data la possibilità di lavorare, esplorare, scoprire o approfondire parti di sé. Per piacersi di più!

E… così, per capire meglio come la forza del gruppo possa essere un traino energizzante… balliamo e cantiamo con loro!

INFO PER PARTECIPARE

  • il gruppo prevede la partecipazione di un numero minimo di 8 persone e un massimo di 20
  • ogni incontro avrà la durata di 1 ora e mezza.
  • orario degli incontri dalle ore 15,30 alle ore 17,00
  • la sede dell’Associazione Voglia di Vivere – via Gentile, 40 a Pistoia ospiterà gli incontri
  • gli incontri sono riservati agli iscritti della Associazione Voglia di Vivere (iscrizione annuale € 30,00)
  • è previsto un contributo di € 20,00 per partecipare all’intero ciclo o di € 2,50 per il singolo incontro

 

IL CALENDARIO (gli incontri si tengono sempre di martedì)

2018

  • 27 novembre
  • 11 dicembre

2019

  • 15 e 29
  • 12 e 26 febbraio
  • 12 e 26 marzo
  • 9 e 30 aprile
  • 14 e 28 maggio

Per informazioni e iscrizioni, oltre che ai recapiti di Voglia di vivere potete rivolgervi a Beatrice De Biasi:

  • 333 252 1284
  • beatricedebiasi@gmail.com

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Giardino & orto terapia

L’inverno è probabilmente il periodo dell’anno migliore per leggere “Giardino & orto terapia. Coltivando la terra, si coltiva anche la felicità”: è adesso, infatti che la terra riposa, che prende respiro dopo averci donato abbondanza di frutti, prima di rigenerarsi ai primi tepori della nuova stagione.

Pia Pera è stata molto più che una scrittrice: ci ha dilettato con orti, giardini e tutto ciò che fa “verde” ma andando oltre il solo fatto di coltivare la terra. Come ogni altro suo lavoro (nel circuito REDOP sono disponibili molti dei suoi titoli) “Giardino e orto terapia” è un qualcosa di molto più radicato che una pianta nel terreno: il saggio ci aiuta a capire gli effetti benefici che il coltivare la terra – pur trattandosi anche soltanto di qualche piantina sul davanzale della finestra, se non abbiamo altre possibilità – rappresenti un vero toccasana per la nostra mente. Lo specifica il sottotitolo: coltivando la terra si coltiva anche la felicità.

A definire il benefico legame fra mente e corpo è proprio la nostra necessità di prendere le distanze da ogni stato d’animo che crea difficoltà e tensioni, sentimento che tutti conosciamo, abbiamo vissuto e condividiamo con una certa frequenza, se non proprio quotidianamente. Nel momento in cui percepiamo il nostro malessere, sentiamo anche la necessità di “spostarlo” fuori da noi, in una dimensione diversa proprio per liberarci dal fardello che ci opprime: e quante volte abbiamo detto “Esco a prendere un po’ d’aria” per staccare la spina da uno stato d’animo sgradito? Il contatto con la Natura, il suo silenzio rispettoso di noi e del nostro essere ci aiuta lasciarci andare per ricaricarci di energia. Come spiega Pia Pera nel libro, le piante stesse si prendono cura di noi, restituendoci l’attenzione che dedichiamo loro coltivandole, ma anche soltanto attraverso una passeggiata nel verde siamo in grado di captare il senso di appartenenza a questo stato naturale, tornandone almeno per qualche attimo ad esserne parte, con tutti i benefici che ciò comporta. Stiamo parlando di un libro che ci aiuta a comprendere come la Madre Terra sia sempre pronta, benevolmente, ad accogliere la vita nel suo ventre. Quella Madre della quale siamo parte.

Alessandra Chirimischi

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La famiglia di fronte alla malattia

Come stiamo? La famiglia di fronte alla malattia

Dati recenti rispetto ai paesi occidentali, fanno emergere un’importante realtà: oltre un quarto dei pazienti oncologici ha figli di minore età al momento della diagnosi.
Quando ad ammalarsi di cancro è un genitore, alla sofferenza fisica e alle difficoltà quotidiane che la malattia comporta si aggiunge la preoccupazione per i figli e per il loro futuro.
Dare comprensione, ascolto e strumenti al genitore ammalato per comunicare con i figli, significa aiutare l’intero sistema a trovare un equilibrio più funzionale ed armonioso per affrontare la fase della vita che sta attraversando.
La tendenza naturale e fisiologica di un genitore è quella di proteggere il proprio figlio, qualsiasi età esso abbia. Ma ci possiamo domandare quale sia la sua declinazione pratica più utile?
Spesso si assiste al fatto che il paziente oncologico tende, almeno in prima battuta, a non voler informare i figli, bambini o adolescenti.
Tale atteggiamento ritenuto protettivo può alimentare, invece, un crescente disagio psicologico spesso con conseguenze a lungo termine. D’altra parte, non esiste un metodo unico ed univoco per comunicare perché come prima cosa è necessario rispettare i tempi di ogni persona. E, per comunicare efficacemente, è necessario che le persone si sentano pronte e sostenute nel farlo. Aiutare le persone in questo processo comunicativo significa favorire il raggiungimento della migliore qualità di vita possibile per i pazienti e le loro famiglie.

Non vi sono tantissimi studi a supporto, ma quello che si può osservare nella clinica è che laddove vi sia un buon livello di comunicazione, il disagio si riduce. E perché questo avviene?
Avere una comunicazione aperta e sincera con i figli in merito alla malattia significa anche essere costretti a riflettere su interrogativi che si preferirebbe tenere nascosti e lontani da sé e quindi dal bisogno di proteggere se stessi da domande difficili alle quali si teme di non saper rispondere.
Quindi si potrebbe, malamente, riassumere dicendo che il silenzio è una forma di protezione verso se stessi ed i propri figli.
Ma è davvero così? È facilmente nascondibile il fatto che si sta affrontando una patologia oncologica?

Il tentativo di “fare come se niente fosse” ed il rifiuto della comunicazione creano una situazione paradossale: in cui tutti sanno, ma nessuno può parlare. La cosiddetta “congiura del silenzio”, a chi è utile? Una comunicazione aperta e sincera da parte dei genitori consente, invece, ai figli di esprimere in maniera altrettanto aperta e sincera i vissuti e le emozioni in relazione ad un evento così traumatico, qualsiasi età abbiano i protagonisti di questo evento.
Quando si ha a che fare con minori molto piccoli, in caso di silenzio o omissioni, questi possono sviluppare sentimenti di solitudine e di perdita, idee di colpa e, quindi, anche, in alcuni casi, rifiuto silenzioso del genitore ammalato. Essi reagiscono ai cambiamenti che avvengono in casa, senza che sia stata data loro una spiegazione tollerabile, con gli strumenti che hanno: la fantasia sostenuta da paura e sensazioni di incertezza portano a generare dei vissuti poco piacevoli.
L’adolescenza, d’altra parte, è un momento critico di per sé della crescita, una fase di cambiamenti sul piano fisico, psicologico e relazionale ed in cui convivono per l’adolescente due esigenze tra loro contrastanti, da un lato il bisogno di essere protetto dalla famiglia e di restare bambino e dall’altro, vorrebbe differenziarsi e acquisire autonomia. Il conflitto è parte integrante di questo periodo, se uno dei due genitori si ammala, c’è il rischio che uno o entrambi questi meccanismi vengano alterati.
È importante, quindi, che passi il messaggio che si è pronti a parlare della malattia ogni volta che i figli ne manifestino il bisogno e che essi non debbono sentirsi soli nel confronto con le loro preoccupazioni.
In tutto questo, è di fondamentale importanza che l’équipe di cura sostenga il paziente ed il suo partner nella comunicazione, intesa come parte fondamentale del processo di cura al pari di tutte le altre e, quindi, come una risorsa capace di migliorare la qualità di vita.

Claudia Bonari

Quando… secca è bello!

Ecco un’abitudine che sta tornando, come dimostrato dalla grande varietà che se ne vede sul mercato: il consumo della frutta secca.

Sotto in nome generico di “frutta secca” sono compresi diversi prodotti (ad esempio anacardi, mandorle, noci, noci del Brasile, nocciole, pinoli, pistacchi), da scegliere con cura: anche se sempre più frequentemente i semi (o il legume, nel caso si parli di arachidi) sono venduti già “puliti” e lavorati – quindi macinati, oppure arrostiti, tostati, spellati, salati, affumicati, caramellati – vive ancora l’uso di poterli trovare – sia sfusi, sia confezionati – ancora nel loro guscio. In genere questa seconda soluzione (ancor di più negli sfusi) comporta un minor prezzo del prodotto, in conseguenza della minore lavorazione, ma richiede più attenzione nella scelta: per esempio controllate che il guscio sia privo di fessurazioni, buchi o tracce di muffa, e se scuotendoli sentite rumore al suo interno lasciatelo perdere, perché significa che il seme è rinsecchito.

Un altro aspetto da considerare, al momento dell’acquisto, è la comparazione fra il prezzo fra prodotto pulito e quello col guscio: considerate che la parte non edibile – quindi quella che butterete – è comunque considerata nel peso, a un più attento esame potrebbe rivelarsi vantaggioso il prezzo del prodotto già sgusciato.

A fare buona compagnia alla frutta secca è spesso quella essiccata, ottenuta dalla eliminazione parziale dell’acqua dal frutto, per conservarla più a lungo: il frutto – si scelgono in genere i più zuccherini – può essere essiccato secondo svariati procedimenti, vale a dire ad aria, per calore solare, o in essiccatoi a calore artificiale per circolazione d’aria calda. Nel consumo di questi prodotti si trovano in testa – almeno per le nostre abitudini alimentari – le prugne, però non sono da meno (e quindi da imparare a mettere in dispensa per consumarli!) fichi, prugne, uva, ma anche albicocche, mele, pere, pesche insieme alle più esotiche banane e poi datteri, cocco, papaya. La lavorazione (che consiste nel lavaggio, snocciolatura, affettatura, trattamento con acqua bollente, con acidi e con alcali) che precede l’essiccazione può essere eseguita mano o meccanicamente: inoltre, per evitare che l’ossidazione renda la frutta scura, è sottoposta a un trattamento con anidride solforosa, valida anche per la sua attività antibatterica.

Alessandra Chirimischi

 

 

La dieta mediterranea

Con questo libro l’armonia fra i termini “libro” e “benessere” è particolarmente azzeccata: infatti, non soltanto di attinge dalla lettura quella piacevolezza che porta a uno stato empatico con il protagonista di un libro, ma va ben oltre, toccando il benessere fisico legato a un modo di intendere la vita, nella sua quotidianità.

“La dieta mediterranea. Mito e storia di uno stile di vita”, scritto dall’antropologa Elisabetta Moro, analizza – grazie ai risultati di una ricerca articolata e dettagliata – il significato più profondo della “dieta mediterranea”, riferimento oggi utilizzato spesso impropriamente, e che grazie ai contenuti di questa pubblicazione ci è dato di conoscere in modo corretto.

La tecnica narrativa è molto scorrevole, gradevole anche per i non addetti ai lavori (proprio perché rivolta a un vasto pubblico), che porta a sognare utilizzando le parole come pennellate di colore: chiudi gli occhi per un attimo e… senti le cicale cantare sotto il caldo sole estivo, al naso ti arriva l’odore forte sprigionato delle erbe aromatiche, percepisci lo scorrere di fresche acque ristoratrici. E laggiù lui, il mare, il nostro bellissimo Mediterraneo lampeggiante sotto i bagliori del sole. O della luna.

Questo libro è scienza, per il modo con il quale racconta anni di ricerche rigorose condotte dai coniugi Ancel e Margaret Keys, ma è anche attualità e storia, perché racconta come la loro eredità culturale sia stata da alcuni Paesi del Mediterraneo apprezzata e come, di conseguenza, i loro governi si siano impegnati affinché la dieta mediterranea fosse dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

È poi arricchito con notizie curiose e interviste, riflessioni sul cibo e sul mondo che intorno a questi gira: in realtà si tratta di tanti piccoli mondi, uno per ciascuno dei luoghi e dei modi in cui il cibo è preparato e consumato. In quest’ottica, il libro diventa uno strumento che ci aiuta a capire le nostre origini, facendocele apprezzare e, forse, talvolta guardare per la prima volta sotto il giusto profilo.

Alessandra Chirimischi

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Intanto, ti informiamo che questo libro è già disponibile nel circuito REDOP