Delicato, come un mughetto

Quei piccoli, gustosi, teneri germoglini verdi che spuntano in primavera… ma quanto saranno buoni! Lo sapevano bene anche gli antichi Egizi, e ancor più li apprezzarono i Romani che ne erano golosissimi – pare che, fra i grandi estimatori, ci fosse pure Giulio Cesare! – e che contribuirono a diffonderli in Italia e nella Francia meridionale: i germogli in questione sono gli asparagi, pianta assai diffusa nelle fasce a clima temperato di Europa e Asia. La pianticella ha fiori minuscoli e verdi, che ricordano un po’ i petali del mughetto, con il quale ha in comune l’appartenenza alla famiglia delle liliacee.

L’Asparagus officinalis si trova in diverse varietà (a seconda del metodo di coltivazioni si possono avere asparagi bianchi – cresciuti interrati – e anche il violetto, o quello d’Alemagna per citarne alcuni), ma in assoluto il più diffuso è l’asparago verde (o asparago comune), tanto più pregiato quanto più è estesa la sua parte commestibile, quella tenera e carnosa. Alcune varietà precoci si trovano già verso febbraio, ma va in crescendo con l’arrivo della primavera fino ad arrivare al culmine fra maggio e giugno.

Sempre in questo periodo, e volendo abbinare al gusto dell’asparago una salutare passeggiata su terreni aridi e rocciosi, si può raccogliere la varietà selvatica, che si presenta più sottile e con foglie appuntite: prima di raccoglierla è bene però imparare a riconoscerla con sicurezza, e in caso abbiate incertezze su ciò che avete trovato… fatela vedere da un erborista fidato prima di cucinarla e mangiarla! Coltivati o selvatici che siano, questi deliziosi frutti primaverili si conservano bene in frigo per diversi giorni: basta avere l’accortezza di avvolgere le basi in un panno umido e poi riporli in una busta di carta prima di sistemarli nel piano per la verdura.

Gli asparagi a tavola sono molto generosi, non solo per le loro proprietà nutrizionali ma anche per i tanti modi in cui si prestano a essere preparati: al solito, basta un po’ di fantasia… et voilà, l’asparago è servito!

Alessandra Chirimischi

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La versione di Fenoglio

Si fa presto a dire “giallo”… anche se il libro di cui stiamo per parlare risponde pienamente ai criteri letterari che questo genere prevede, ovvero una narrazione su misteriosi delitti e indagini poliziesche, strutturata per creare una suspense tale da tenere il lettore inchiodato al libro, e col fiato sospeso. Il fatto è, però, che definire “giallo” La versione di Fenoglio è un modo riduttivo di presentarlo. Certamente il suo autore, Gianrico Carofiglio, molta ispirazione l’ha trovata nella sua esperienza di magistrato, resta chiaro dalle numerose citazioni della legge, che danno valore all’operato del protagonista, carabiniere ormai vicino alla pensione.

A colpire di più, però, è il costante richiamo a ciò in cui tutti ci troviamo – o dovremmo trovarci – coinvolti: la quotidianità, le cose che abbiamo intorno, ciò che diamo per scontato e che, invece, meriterebbe più attenzione. A fare splendidamente da spalla a Fenoglio è Giulio, un giovane rampollo di buona famiglia: si incontrano durane la fisioterapia, e fra un esercizio e l’altro diventano amici, anzi complici in una ricerca introspettiva che sbalordisce per chiarezza e obiettività, e che mette il lettore nella posizione di porsi molte domande.

Lo fa proponendo insolite chiavi di lettura: per esempio l’investigazione – vale a dire il lavoro che Fenoglio ha svolto per tutta la vita – si presenta per quello che realmente è, una vera e propria arte in cui non c’è spazio per alcun limite, a cominciare dalla superficialità. Ricorda, di conseguenza, che siamo tutti pessimi osservatori, prima di tutto di noi stessi. E, ancora, ricorda che le indagini non son procedure lineari bensì “Il risultato investigativo – ma in realtà più in generale la nostra comprensione delle nostre esperienze – dipende da un procedere per tentativi”: in fondo, aggiungiamo noi, non è esattamente ciò che facciamo quando la nostra vita viene buttata all’aria da un fatto doloroso? Anche questo ci insegna il “giallo”, fa parte della finalità narrativa riportare ordine dove qualcosa ha provocato disordine, a ripristinare le regole: ciascuno ha le sue “Alcune hanno senso, altre meno. Ma tutte insieme servono a farci funzionare, a farci tirare avanti.”

La versione di Fenoglio è un libro che offre molto al lettore, che certamente esce fortificato dalla lettura. È un libro scritto con appropriatezza, con la competenza di chi sa rendere piacevole anche l’argomento più ostico perché lo conosce bene. È un libro che, nonostante lo spessore del contenuto, sa offrirsi con pacatezza, a tratti con leggerezza, quella data da una pennellata “rosa” nelle vicende di un carabiniere gentiluomo.

Alessandra Chirimischi

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Salve, e salute!

Morbide, soffici, vellutate, foglie dal color verde tenuo con la Primavera iniziano a protendersi verso il cielo, mentre il loro profumo inebria l’aria a ogni alito di vento leggero… che meravigliosa sensazione di benessere!

Ci saluta così la salvia, e noi ricambiamo con altrettanta enfasi perché la salvia è una pianta sinonimo di salute, a cominciare dal fatto che il suo nome deriva dal latino “salus” – salute appunto – poi anche per le tante proprietà benefiche che le sono riconosciute. Delle diverse specie in cui è possibile trovarla, la più comune è la salvia officinale, detta anche tè di Grecia o erba sacra: cresce in tutte le terre mediterranee, fino agli 800 metri di altitudine, e può essere senza problemi coltivata in ogni orto o anche in un vaso in terrazza… sempre che l’aria che respira non sia troppo inquinata dal traffico o da altre fonti di contaminazione. 

Accudirla è un piacere, averla a portata di mano è un vero toccasana, non solo per il sapore che sa dare alle pietanze – soprattutto alle carni – ma anche per gli usi alternativi che possiamo farne a beneficio della nostra salute, a patto che… non si soffra di ipertensione: è un forte stimolante, che attiva la circolazione del sangue, mentre per le sue proprietà astringenti la salvia è un tonificante che agevola le funzioni di stomaco e intestino, ma è allo stesso tempo anche un ottimo regolatore della diuresi e potente antisettico. Quest’ultimo è arrivato sino a noi con storie talvolta leggendarie, come quella dei quattro ladroni di Marsiglia che – riparati da un unguento a base di aceto, nel quale erano state macerate foglie di salvia e un po’ di timo, lavanda, rosmarino e aglio – se ne andavano a saccheggiare le città appestate restando immuni dal contagio. Senza dover arrivare a tanto, però, la salvia è di grande aiuto anche per l’uso esterno al corpo, per la cicatrizzazione delle ferite, o per le proprietà anti infiammatorie: qualche foglia bollita in un po’ di acqua diventa un ottimo collutorio per gargarismi e sciacqui rinfrescanti.

Alessandra Chirimischi

 

 

Il coraggio di Sandra

C’è stato un “inoltre” di grande valore, sabato 9 marzo al convegno “Sento, vedo, racconto. Il ritratto della salute”, la testimonianza di una donna che è perfetta incarnazione di tutto quanto i vari relatori hanno affermato.

Sandra Mochi ha combattuto con determinazione la sua battaglia contro il cancro alla mammella. Lo ha vinto, fisicamente e – ancor di più – spiritualmente, perché non ha mai smesso di vivere con gioia la propria vita, nonostante le difficoltà: anzi, è proprio andata oltre le difficoltà guardando avanti, e cercando dei modi tutti suoi per attingere alla fonte dell’ottimismo, anche quando sembrava che questa volesse essiccarsi. La fotografia è stata per lei una preziosa alleata, un’amica con cui ha costantemente dialogato, condividendo poi con gli altri i pensieri che scaturivano da queste conversazioni: dialoghi fra lei e il cancro che scaturivano davanti a… a una flebo, a uno specchio, nella sala d’attesa. Ma anche davanti a un fiore, che guarda il sole a cercare la Vita.

Sandra ha testimoniato tutto questo attraverso i social, pubblicando e commentando le sue foto, ma non si è tirata indietro davanti all’invito che Voglia di Vivere le ha rivolto per raccontare, sotto la guida di Claudia Bonari, la sua esperienza ai convenuti.

Confermando l’indole di persona generosamente positiva, ha affermato di essere grata a Voglia di Vivere per averle dato l’opportunità di mettere a disposizione la sua esperienza, per stimolare anche il messaggio sull’importanza della prevenzione, affinché questo possa arrivare forte a tante donne.

Voglia di Vivere l’ha ringraziata donandole una litografia dell’artista Rossella Baldecchi.

 

Quanto è bello parlar di foto!

 

È stato un pomeriggio davvero piacevole quello trascorso in compagnia di tante amiche, e amici, che hanno risposto al nostro invito per parlare di fotografia, un tema che – come è stato dimostrato – si presta a molteplici interpretazioni, assecondando la fantasia, soprattutto quando intrisa di sentimenti che vogliono manifestarsi.

Ciascuno da un diverso punto di vista, i relatori intervenuti (vedi il programma) hanno proposto uno spunto di riflessione sulla fotografia, altrettanto le persone che hanno partecipato a questa prima edizione del concorso fotografico, non a caso intitolato “Sento, vedo, racconto. Il ritratto della salute”, un titolo intorno al quale sono state interpretate le storie sottoposte alla giuria, che riconoscendo il merito di tutte le opere pervenute, ha indicato le tre più significative.

 

1 – Porgere la mano, di Alberto Chirimischi, con la motivazione: “Perché è uno scatto in cui è stata colta la filosofia ispiratrice del concorso: l’attività fisica che aiuta a stare in salute, ma anche solidarietà che fa/aiuta a stare bene nel momento del bisogno. Viene premiato anche il fatto di aver scelto di partecipare con una fotografia che ha saputo cogliere il momento di una situazione di questo tipo: una manifestazione sportiva.”

 

2 – Insieme, di Marco Tesi, con la motivazione “Perché è significativa del modo in cui la Camminata in città riesce a stimolare gli animi, creando un clima di solidarietà nello stare insieme a tante persone, fra loro diverse e allo stesso tempo uguali.”

 

 

 

 

3 – Volersi bene, di Sandra Marliani, con la motivazione:“Perché è una foto rappresentativa di come due parti riescono a diventare una cosa sola e, nel momento in cui qualcosa va storto, gli affetti riescono sempre a portare quel conforto che aiuta a raddrizzare la vita, nonostante le incognite che possono celarsi dietro la porta.

Inoltre…

Incontriamoci il 9 marzo

Ogni incontro in cui si mettano sul tavolo argomenti legati alla salute sono occasioni importanti. Ma questo che stiamo organizzando lo è… di più.

Di più perché vogliamo fare un passo avanti nell’imparare a guardare meglio dentro di noi, per comprendere la nostra essenza più intima, profonda. Tanto profonda che talvolta servono “altri occhi” per vederla. Gli occhi di un obiettivo fotografico. Oppure gli occhi di un fotografo. O ancora proprio i nostri, quando riescono a svelare l’anima e i segreti che questa non vorrebbe far trapelare. Ecco perché durante il convegno “Sento, vedo, racconto. Il ritratto della salute” parleremo della fotografia come strumento espressivo che può aiutarci a stare bene, e lo faremo considerandolo sotto vari punti di vista, così da ottenere un quadro quanto più possibile esauriente sulle potenzialità di questo mezzo, il cui uso è oggi “inflazionato” e proprio per questo – al pari di altri media – troppo spesso svuotato della sua valenza.

I punti di vista che prenderemo in esame saranno considerati da professionisti, molto stimati ciascuno nel suo settore di competenza, come potete vedere leggendo il programma, che prevede anche la consegna di una pergamena ai “pionieri” del concorso omonimo, che hanno inviato alcune opere sul tema.

A completamento della giornata un’ospite particolarmente gradita ha già assicurato la sua presenza… volete intanto scoprire chi è?

 

I ritratti di Rossella

Lei lo fa per abitudine di… sentire e vedere, tenendo gli occhi attenti sul mondo, per poi raccontare, dipingendole, le emozioni che le scaturiscono nell’anima.

Il silenzio delle farfalle

Sono spesso sentimenti di dolore, legati a realtà di sofferenza di cui sono protagoniste donne e bambine tormentate dall’umana ingiustizia. Rossella Baldecchi è molto sensibile al dolore, e il suo modo per contribuire a combatterlo è impresso sulle sue tele dove, però, la sofferenza non si percepisce come invincibile, bensì dalle sue creature trapela sempre qualcosa di positivo, un desiderio di guardare oltre con la volontà di trovare sempre qualcosa di bello. È una speranza non fine a se stessa, bensì energia dirompente che consente di andare avanti con forza, nonostante il dolore.

E questa è Rossella, la forza del bene che prende forma attraverso le sue opere, un messaggio che le appartiene perché è indissolubilmente parte di lei. I suoi occhi sul mondo sono curiosità allo stato puro, ma curiosità da intendere nel modo più possibile positivo, come desiderio di conoscere per superare – appunto – gli umani limiti da cui origina la sofferenza.

Recentemente Rossella ha pubblicato un libro molto piacevole, in cui racconta un pezzo di umanità: “Viva in Giappone”, raccolta di fotografie scattate durante un suo viaggio dove comincia il mondo, e diventate un documentario sulla vita in questo Paese. Un documentario in cui immagine e parola si fondono, regalando di questa cultura un’interpretazione narrativa che ne esalta valori di grande spessore umano.

Alessandra Chirimischi

PER SAPERNE DI PIÙ

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Pionieri a confronto

Vi presentiamo alcune delle persone che hanno inviato le immagini per la prima edizione del concorso “Sento, vedo, racconto. Il ritratto della salute”. Pionieri di questo concorso, perciò a prescindere dalle decisioni della giuria (chi vuol conoscerle dovrà essere con noi il prossimo 9 marzo leggi il programma) le loro testimonianze sono la dimostrazione concreta di come un’unica occasione possa manifestare tanti sentimenti diversi, riunendoli empaticamente in un coro armonico, un dialogo cui non facciamo abitualmente caso ma che sorregge la nostra quotidianità.

 

Paola Galligani – “Ho partecipato alla manifestazione organizzata da Voglia di Vivere per l’importanza del messaggio che conteneva, per il piacere di farlo assieme ai miei amici e, non ultimo, per la passione che ho verso la fotografia!”

 

Marco Tesi – “Sono padre di 4 figli meravigliosi – di cui vado molto orgoglioso – e nonno di Vittorio, figlio del primogenito. Ora che sono in pensione faccio del volontariato in Misericordia e il bagnino in estate, aspettando che anche mia moglie vada in pensione. Poi… ci scateneremo a suon di danze standard, che pratichiamo a livello agonistico con la scuola di ballo Magilu Dance che ha partecipato in massa alla Camminata in Città!”

 

 

Nicoletta Quirini – “Sono classe 1959, impiegata, stato libero. Amo la fotografia, il disegno, l’arte, tutto ciò che è creativo: perciò sono particolarmente soddisfatta per aver vinto il primo premio per il look (questo che vedete nella foto) all’ultima Camminata in Città. Dopo aver avuto il tumore al seno, credo sia necessario sensibilizzare la popolazione sull’importanza di fare prevenzione: per questo ho voluto essere presente con Voglia di Vivere.”

 

Sandra Marliani – Grafica di professione, come molte altre donne si destreggia fra lavoro, marito e figlio, senza però trascurare di prendersi anche alcuni momenti per sé, che trascorre sui campi da tennis per tenersi in forma il corpo, e con la macchina fotografica al collo per mantenere in forma lo spirito.

 

Alberto Chirimischi – Tendenzialmente schivo e riservato, è un ragazzo che nella fotografia trova gratificazione al suo modo di esprimersi: e davanti alla bellezza della vita si sofferma, per contemplarla e renderla sua, in modo del tutto personale.

 

 

 

 

La corriera stravagante

Anche lungo la più lineare e scontata delle vie, a un certo punto si arriva a dover decidere dove andare, quale percorso intraprendere perché la strada presenta una svolta che – come ogni cambiamento – ci porta alla soglia dell’inaspettato. Se poi a qualcuno capita di arrivare alla “svolta dei ribelli”, il cambiamento non può che manifestarsi come sorprendente. Assecondando – e solo per questo motivo – lo stile abituale che ha fatto scegliere paesaggi e personaggi californiani come ambientazione dei suoi romanzi, con La corriera stravagante – edito per la prima volta negli Stati Uniti nel 1947 – John Steinbeck lasciò pubblico e critica piuttosto stupiti per essersi posto con un’insolita verve narrativa, carica di tratti ironici e dalla sottile intenzione allegorica, scelti per raccontare le vicende di un gruppo di viaggiatori che, a causa di un guasto alla corriera che li trasporta, si trovano loro malgrado a dover soggiornare proprio alla svolta dei ribelli. Così chiamata perché i primi pionieri che ci arrivarono erano fabbri rozzi e attaccabrighe, dopo che cadde in malora quella che una volta era stata la loro fucina – trasformata nel frattempo in area di sosta con autorimessa e distributore di benzina – nei primi anni Trenta del Novecento fu rilevata dai coniugi Chicoy, grazie ai quali la svolta dei ribelli – perché ormai così continuava a chiamarsi – cambiò totalmente aspetto, diventando una simpatica stazione di servizio, con tanto di ristorante in cui Alice Chicoy stuzzicava gli avventori con le sue prelibatezze. E la svolta divenne anche stazione di cambio per i Levrieri, gli autobus di lusso che lasciavano qui i passeggeri diretti a San Juan de la Cruz, dove arrivavano grazie al servizio autobus che Mr. Chicoy gestiva insieme al garage.

È nella ventata di simpatia portata dai Chicoy alla rinnovata svolta dei ribelli, che si accende il romanzo: la convivenza fra sconosciuti – costretti a una sosta forzata e prolungatasi ben oltre il previsto – innesca la miccia per una variegata esplosione di stati d’animo, per quel gioco allegorico accennato prima in cui l’umanità è espressa in una carambola di atteggiamento inusuali, che lasciano spesso stupiti gli stessi protagonisti. Intrighi, complicità, sotterfugi, litigi… la narrazione ci offre un campionario di personalità come raramente accade di leggere, atteggiamenti inusuali, di gente che per qualche motivo perde il senso del controllo, e che per questo anima vicende che, in diverse condizioni, probabilmente mai sarebbero accadute. Un romanzo divertente, dal quale si percepisce un autore probabilmente divertito nel giocare con i personaggi che qui ha narrato.

Alessandra Chirimischi

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Stefania Zarri

Stefania Zarri è abilitata a insegnare Metodo Feldenkrais®, Walking for life®, qualifica che le consente di gestire con successo le due attività di cui si occupa personalmente a Voglia di Vivere.

Intanto i corsi “Facciamoci le ossa” per prevenire la perdita di calcio e predisporre al camminare: si tengono due volte a settimana alla sede dell’associazione, per l’esattezza il mercoledì dalle 15,30 alle 16,30 e il venerdì dalle 17,30 alle 18,30.

Poi, i corsi alla piscina Silvano Fedi dove, oltre al nuoto libero e alla ginnastica in acqua – per avere la consapevolezza del proprio corpo imparando a percepirne il movimento eseguendo variazioni della respirazione e movimenti in acqua con l’ausilio di galleggianti – cura anche la camminata in acqua. Si tratta di una camminata consapevole che coinvolge tutti i distretti articolari, cercando in particolare un buon movimento nel cingolo omero-scapolare e nel portamento della testa, ma anche sul movimento delle vertebre del collo attraverso l’uso degli occhi, ispirandosi allo studio della “camminata africana” di Movimento Intelligente® di Ruthy Alon (clicca qui se vuoi saperne di più).

Nella ultima parte lavoriamo sulla tonificazione, sulla postura e con aerobica a corpo libero allenando anche gli sfinteri e il pavimento pelvico nell’acqua medio alta. Usiamo piccoli pesi alle caviglie ed ai polsi per intensificare l’allenamento e facilitare la consapevolezza.

E se l’inverno trova Stefania e le sue allieve – vale a dire signore di ogni età, non ci sono limiti! – mantenersi in forma al chiuso, come inizia a fiorire la primavera iniziano le camminate all’aria aperta, un vero e proprio toccasana per corpo e spirito.