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Prendersi cura di chi si prende cura

Chi è il caregiver? Da alcuni viene definito il “paziente nascosto”, in un recente articolo della Fondazione AIOM, si stima che siano circa tremila le persone che, quotidianamente, accompagnano alle visite, si occupano delle pratiche burocratiche, si prendono cura di un familiare o di un amico nel percorso di cura.
Negli ultimi anni l’attenzione verso il caregiver è aumentata in misura esponenziale così come sono aumentati gli studi volti a verificare i bisogni, il vissuto, le criticità ma, ancora, le difficoltà che devono affrontare, le loro necessità, le problematiche sono poco comprese.
In media viene rilevato che un caregiver dedica almeno otto ore al giorno all’assistenza del proprio familiare, con una necessaria e continua richiesta di flessibilità rispetto alle esigenze che spesso mutano e possono non essere del tutto prevedibili. Con questa realtà si intrecciano gli impegni lavorativi e le altre incombenze che il caregiver ha, al di là dello stare accanto al familiare. Per questo motivo è alto il rischio che trascuri se stesso, sviluppando una sintomatologia che compromette la sua qualità di vita e, andando avanti, anche la qualità dell’assistenza.
Risulta fondamentale, quindi, che i clinici, accogliendo il paziente, accolgano anche la persona che sta a lui più vicino, dando anche indicazioni pratiche sulla modalità di assistenza, ad esempio, delle terapie, sui possibili effetti collaterali e la loro gestione. Informare significa, spesso, contenere paure e preoccupazioni che derivano dal ritrovarsi “catapultati” in un ruolo che richiede competenze che, fino a quel momento, la persona né aveva mai sperimentato né pensava di poter acquisire.
Le tutele a livello burocratico, le attività di aiuto delle Associazioni del settore, la rete familiare allargata, sono tutti interventi importanti perché il caregiver si senta meno solo e sostenuto, ma è altrettanto indispensabile che senta di poter chiedere aiuto quando ne avverte la necessità.
In questo è altrettanto fondamentale, però, rispettare ciò che il caregiver vuole; a questo proposito le significative parole di Valentina, la figlia di una paziente oncologica in cura da alcuni anni: “Lo so che mi sto trascurando, so che arriverà un momento in cui crollerò, ma io, ora, voglio stare qui, accanto a mia madre, il mio posto è questo”.
Stare accanto, aiutare la persona ad accorgersi di quelle sensazioni di disagio, di stanchezza e di difficoltà che, se riconosciute precocemente, possono essere risolte e contenute con più facilità. Ma anche e soprattutto rispettare la volontà delle persone ed i loro desideri.
Prendersi cura del caregiver significa, quindi, garantire al paziente una migliore qualità di cura ma anche, al caregiver stesso, una possibilità di ristoro e di riposo in una così delicata fase di vita.

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2 comments

  • Paola bargellini 30 Maggio 2018   Reply →

    È giusto che ci siano associazioni ma quello che manca è il volontariato domiciliare le persone malate d tumure hanno bisogno anche d aiuto per uscire o x sola compagnia e nn è giusto pagare persone x andare a distarsi un ora …….. quindi sarebbe da introdurre questa cosa in tutte le associazioni precisando x solo compagnia escludendo lavori domestici

    • Psicologo Voglia di Vivere 31 Maggio 2018   Reply →

      Gentile Paola,
      la ringraziamo per il contributo! La sua riflessione sulla necessità di offrire dei servizi a domicilio va di pari passo con uno dei prossimi progetti a cui l’Associazione sta lavorando. Vorremmo poter dar presto una risposta a questo bisogno per andare sempre più incontro alle persone che stanno affrontando una fase delicata della vita.

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