La “Zoom Fatigue”

Le continue videocall possono risultare stancanti e/o invasive al punto che ricercatori hanno iniziato a parlare di Zoom Fatigue

Durante le videocall il nostro cervello si trova a dover integrare due informazioni contrastanti: sono solo in questa stanza eppure ho informazioni che Altri ci sono. Innaturale. Questo è uno dei fattori che contribuiscono alla cosiddetta Zoom Fatigue.

 

Negli ultimi tempi la tecnologia ci ha confortato di gran lunga permettendoci di mantenere un legame con chi non potevamo più abbracciare: la scuola, le riunioni, le cene con gli amici,…si sono trasferiti sui canali online. Ricercare e pubblicare nuovi post, fare o guardare video divertenti oppure aggiornarci e formarci attraverso webinar sono state le attività in cui siamo stati impegnati di gran lunga in questi mesi.
Il tempo che abbiamo passato connessi è aumentato esponenzialmente che sia stato per svago, per studio, per fuga o per lavoro! E forse, come non mai, ora siamo però vittime degli effetti collaterali di internet!

 

Numerose ricerche già da tempo parlavano degli effetti negativi dovuti ad un’attività prolungata di fronte a schermi che comportano un aumento significativo di percezione di infelicità, di solitudine, di depressione così come effetti calo dell’attenzione, della memoria, disturbi del sonno. Lo smartphone, ormai alla portata di tutti, è diventato il migliore amico, ciò da cui è impossibile separarsi o staccarsi per lungo tempo. E’ diventato un oggetto che condivide tutto con noi, sta al nostro fianco e, addirittura, gli affidiamo anche la nostra memoria!

 

E mai, come ora, i ricercatori parlano di “Zoom Fatigue”. Come anticipato prima il cervello si trova a dover integrare due informazioni contrastanti. Così com’è innaturale essere deprivati di tutta una serie di comunicazioni non verbali che in presenza avvengono in modo automatico e che ora possiamo solo provare a ricostruire (faticosamente). Con tutta la difficoltà che comporta cogliere le espressioni sottili del viso che, visto la qualità della connessione, spesso si bloccano, si quadrettano o si offuscano.

L’attenzione alle parole deve rimanere altissima e altissimo è il rischio di “perdere” l’altro o di essere interrotti.
Lo sguardo è continuo, sebbene disallineato (chi mai guarda solo l’obiettivo e non lo schermo?), perché guardare lo schermo sembra essere il modo con cui comunichiamo silenziosamente la nostra attenzione a chi sta parlando e il viso dell’altro appare a una distanza (reale) dai nostri occhi che mai terremo dal vivo (troppo vicini).

 

La nostra attenzione, poi, già messa a dura prova dall’attrazione del guardare gli scorci delle abitazioni di ogni partecipante, si trova spesso nella tentazione di osservare e controllare la nostra stessa immagine nel riquadro anziché rimanere in quel flusso comunicativo, nel ballo del dialogo sintonizzato.

 

Le emozioni sono più faticose da lasciar emergere.
Ecco, avessimo avuto bisogno di capire quanto la comunicazione tecnologicamemte mediata possa incidere sulla nostra mente e sul nostro corpo, ora non possiamo non notarlo.
Eppure siamo qui e l’alternativa è non poter comunicare (o lavorare) o farlo a distanza con la mascherina. Niente di così attraente.

Per non soffrire di questa alterazione di piano comunicativo, visto che nel nostro DNA è inciso i nostro bisogno di contatto, oggi che è possibile uscire, riduciamo al minimo gli incontri virtuali per riscoprire la bellezza della vicinanza (con rispetto delle distanze) e di uno sguardo senza schermi!

Claudia Bonari

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