Messaggi in… codici

Articolo realizzato a cura dall’ambulatorio nutrizionale di Voglia di Vivere

Attenzione a come parlate… qualche losco soggetto potrebbe ascoltarci quindi… parliamo in codice! No, anzi, in codici, ovvero i preziosi strumenti che permettono ai consumatori di tutelare la propria salute con scelte sane e consapevoli. Secondo la normativa nazionale si definisce etichettatura “L’insieme delle menzioni, delle indicazioni, dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e che figurano direttamente sull’imballaggio o su una etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo o, in conformità a quanto stabilito dalla legge, sui documenti di accompagnamento del prodotto alimentare”.

Il D.L. n 109 del 1992 è la normativa base che recepisce le direttive CEE 89/395 e 89/396, e alla quale sono state applicate diverse modifiche negli anni, le più importanti contenute nel Regolamento 1169/2011. Qualunque alimento destinato al consumatore finale o alle collettività è accompagnato da informazioni conformi al suddetto regolamento. Il campo di applicazione delle norme è legato a tre concetti di prodotto alimentare destinato al consumatore finale definiti nel D.L. n 109 del 1992:

  • prodotto preconfezionato: “l’unità di vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore ed alle collettività, costituita da un prodotto alimentare e dall’imballaggio in cui è stato immesso prima di essere posto in vendita, avvolta interamente o in parte da tale imballaggio, ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata”.
  • prodotto preincartato: “l’unità di vendita costituita da un prodotto alimentare e dall’involucro nel quale è stato posto o avvolto negli esercizi di vendita”.
  • prodotto sfuso: prodotti alimentari non avvolti da alcun involucro, nonché quelli di grossa pezzatura anche se posti in involucro protettivo, generalmente venduti previo frazionamento.

Per quanto concerne l’etichettatura, i prodotti preincartati sono considerati al pari dei prodotti sfusi. Questi prodotti devono quindi essere dotati di un apposito cartello applicato ai recipienti che li contengono, sul quale devono essere esplicitati la denominazione di vendita, l’elenco degli ingredienti e le modalità di conservazione per i prodotti facilmente deperibili.

I prodotti preconfezionati, invece, devono obbligatoriamente riportare in etichetta le seguenti informazioni:

  1. la denominazione dell’alimento
  2. l’elenco degli ingredienti
  3. qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II del Reg. 1169/2011 o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata
  4. la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti
  5. la quantità netta del prodotto
  6. il termine minimo di conservazione o la data di scadenza
  7. le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego
  8. il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare
  9. il paese d’origine o il luogo di provenienza
  10. le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento
  11. per le bevande che contengono più di 1,2 % di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo
  12. la dichiarazione nutrizionale.

Quest’ultima informazione si riferisce alle calorie fornite in kcal e in kJ, e al contenuto di carboidrati, proteine, grassi, fibra e sale espresso in g su 100 grammi di prodotto.

Eventuali informazioni aggiuntive possono riguardare marchi come DOP, IGP e STG, certificazioni in grado di assicurarne la qualità al cliente.

La leggibilità dell’etichetta rientra tra i diritti del consumatore. Questa costituisce un elemento importante per la corretta ricezione e interpretazione delle informazioni, sulla base delle quali poter effettuare una scelta consapevole. Le informazioni illeggibili sul prodotto sono una delle cause principali dell’insoddisfazione dei consumatori nei confronti delle etichette alimentari. Pertanto, tutte le informazioni devono essere stampate con caratteri leggibili, indelebili e facilmente comprensibili in modo tale che non risultino ingannevoli o fuorvianti.

D’altro canto, al momento dell’acquisto il consumatore ha il dovere di leggere attentamente l’etichetta in quanto essa costituisce la fonte più immediata ed essenziale di informazioni relative all’alimento che andrà a consumare.

NEL DETTAGLIO ALCUNI CODICI SPECIFICI

 

Truccati a dovere

Articolo realizzato a cura dell’ambulatorio nutrizionale di Voglia di Vivere

Sin dall’antichità l’uomo ha sfruttato le pratiche di conservazione come l’affumicatura, l’essiccazione e l’aggiunta di olio o spezie per il mantenimento degli alimenti. Con la crescita dell’industria alimentare, oltre a mantenere queste pratiche, è notevolmente incrementata l’aggiunta di sostanze chimiche ai prodotti, sia per ottenere prodotti standardizzati su larga scala, sia per aumentarne la sicurezza d’uso e renderli più gradevoli.

Volendone dare una definizione più corretta, secondo la legislazione italiana, gli additivi alimentari sono quelle sostanze che, aggiunte intenzionalmente agli alimenti durante una qualsiasi fase di lavorazione, permettono l’ottenimento del prodotto finale. In generale ne favoriscono un prolungamento della shelf-life (letteralmente: vita di scaffale), ovvero ne posticipano la data di scadenza permettendo anche la conservazione del valore nutrizionale, oltre a stabilizzarne e/o migliorarne le proprietà organolettiche (come il sapore, l’odore, il colore e la consistenza).

Di seguito indichiamo le principali classi d’uso:

  • conservanti, tra i quali ritroviamo antimicrobici, acidi organici e antiossidanti
  • inibenti le alterazioni di natura fisica come i gelificanti, gli addensanti, i chiarificanti e gli emulsionanti
  • agenti lievitanti di cui fanno parte per lo più lieviti chimici
  • coloranti sintetici e naturali
  • aromatizzanti naturali e di sintesi (questa classe ha una regolamentazione a sé)
  • edulcoranti ulteriormente classificabili in base al loro potere dolcificante e alle calorie fornite.

Al fine di controllare l’utilizzo degli additivi e di garantirne la sicurezza d’uso per la salute dei consumatori, è stato istituito un ente europeo con sede a Parma. L’EFSA, acronimo di European Food Safety Authority, è tuttora l’autorità di riferimento per la regolamentazione di additivi, per la sicurezza alimentare e per la valutazione degli effetti benefici degli alimenti (i cosiddetti claim salutistici). L’EFSA ha infatti stilato una lista di additivi considerati sicuri e sottoposti a una serie di controlli periodici e definisce inoltre le dosi massime consentite per ciascun composto e l’utilizzo nei diversi alimenti. Il testo di riferimento per gli additivi in Europa è il Regolamento 1333/2008 (e le modifiche a esso applicate negli anni).

Sulla base delle informazioni e dei dati della letteratura scientifica riconosciuta a livello internazionale, l’EFSA definisce la dose massima consigliata di ogni additivo, chiamata appunto DGA (Dose Giornaliera Accettabile) o ADI in inglese. La DGA corrisponde quindi alla dose massima giornaliera di una sostanza consumabile da un individuo affinché questa non comporti un rischio per la salute ed è espressa in mg su kg di peso corporeo.

Sempre secondo il Regolamento del 2008, gli additivi sono considerati dei veri e propri ingredienti dell’alimento in quanto li si ritrovano nel prodotto che consumiamo, e la loro esplicitazione in etichetta è quindi obbligatoria. Si possono ritrovare nella lista degli ingredienti come codici numerici preceduti dalla lettera “E” seguiti dalla loro funzione riportata tra due parentesi.

Il fatto che siano altamente controllati e testati, e il loro uso regolamentato, ci induce a pensare che gli additivi siano tutti composti sintetici. In realtà, nell’ampia classe degli additivi sono comprese anche sostanze naturali e relativamente innocue. E’ il caso dell’acido ascorbico, più comunemente detto vitamina C che ritroviamo sotto la dicitura E300, oppure l’E330 ovvero l’acido citrico, un acido organico contenuto negli agrumi. Altri esempi sono le lecitine contenute nella soia, la cellulosa e un’intera categoria di coloranti di cui fanno parte la curcumina E100, il caramello E150 e la clorofilla E140.

Esistono invece delle categorie di additivi che sono potenzialmente rischiose per la salute per cui infatti è espressa una DGA minore e il loro consumo andrebbe dunque limitato il più possibile. Alcuni esempi sono il glutammato di sodio e in generale gli esaltatori di sapidità (E600-E640), la classe dei nitriti e nitrati, alcuni dolcificanti come l’aspartame e i coloranti artificiali quali il rosso E127, il blu E131 e il giallo E110.

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