Voglia di Vivere Mese di Ottobre

Ottobre, mese in…?

Ottobre: mese in rosa, mese della prevenzione e mese a volte messo in discussione da alcune donne che sostengono che il cancro non è riconducibile a un nastro rosa.
Ma se iniziassimo a pensare a ottobre come mese…di rispetto che sia in rosa o no?!?!?

Quando una donna incontra il tumore nel corso della sua vita, non riceve anche un manuale di istruzioni sull’atteggiamento da tenere, sul comportamento da avere.
Questo uragano, come spesso viene definito, travolge e coinvolge passato, presente e futuro e, ad esso, ogni persona risponde con gli strumenti che ha.
Uno spirito combattivo o un atteggiamento più dimesso, la presenza di una rete sociale di sostegno o una situazione di isolamento, la paura o la realtà di una recidiva… sono aspetti che non si prevedono, che non hanno una causa unica e ben definibile ma sono fattori dinanzi ai quali ci si può trovare. E, soprattutto, non si scelgono.
Qualcuna, quindi, potrà andare a ricercare un ambiente con altre donne piene di iniziativa e di voglia di fare, altre, invece, ricercheranno uno spazio più raccolto, altre ancora avranno bisogno di parlare della propria malattia e del proprio vissuto, altre, infine, sceglieranno una maggiore riservatezza.

Le possibilità sono tante, quante le persone che vivono questa realtà e le scelte mutevoli nel tempo.
Ma non ne esiste una più giusta o una più sbagliata, ognuno si muove in base alla propria storia, alle proprie possibilità e alle risorse a cui può accedere o meno. L’importanza delle iniziative di questo mese serve a informare, ricordare, creare dei legami, tessere dei fili fra le donne che hanno vissuto o stanno vivendo questa battaglia. Parlare significa esplicitare, far emergere, fare il contrario di nascondere una realtà che interessa ogni anno migliaia di donne e se ci si trova a dover scalare da soli una montagna o si sente che intorno ci sono persone, strutture, realtà che possono accompagnare, sorreggere, questo fa la differenza.

E se si provasse a pensare al rosa come “colore del rispetto”? Perché non è una sfida, ma un condividere, un affrontare la malattia oncologica in fasi diverse in cui i bisogni sono vari ma parimenti legittimi, importanti e bisognosi di accoglienza. Rispetto per se stesse e per le altre, per chi riesce a convivere con un corpo cambiato e per chi, invece, ha difficoltà ad accettarlo.
La malattia oncologica fa paura, la possibilità di una recidiva o il suo effettivo manifestarsi sono delle ombre che, nella maggior parte delle volte, accompagnano il quotidiano, ma quando non ci si sente soli le cose diventano più vivibili.
Perché il rosa possa essere un colore che unisce piuttosto che divide e le sfumature, si sa, possono essere davvero tante.

 

Claudia Bonari

Potrebbe interessarti

Leave a comment