Sostenersi per sostenere

Ottobre è sempre un mese pieno di attività per Voglia di Vivere e, quest’anno, accanto al consueto appuntamento con la Camminata in Città, è stato organizzata una nuova iniziativa dedicata a sostenere le donne che hanno già incontrato la malattia.

Nell’occasione si sono confrontati i diversi specialisti che hanno partecipato al Progetto “Nastro Verde: convivere con il cancro” realizzato dall’Associazione con il contributo della Regione Toscana e del Ministero delle Politiche Sociali e, per il quale, nel corso del 2019 sono stati organizzati e, sono tutt’ora in corso iniziative, rivolte alle donne con tumore al seno metastatico.

Come Servizio di Psicologia, l’intervento che è stato portato, è stato una riflessione sui cambiamenti nelle relazioni affettive che coinvolgono sia i partner che i figli delle donne con tumore al seno.

Il tumore arriva su tutta la famiglia, come uno Tsunami e, spesso, i caregiver non si sentono in diritto di poter esprimere le proprie emozioni.

Da una ricerca della Società Italiana di Psico Oncologia (S.I.P.O.) ed Europa Donna emerge che i caregiver hanno dei livelli di preoccupazione e paura più alti delle donne stesse. Nella coppia, poi, possono esser alzate delle barriere come tentativo di autodifesa che hanno, però, poi, la funzione di allontanare e isolare ognuno nel proprio vissuto.

I vissuti diventano ancora più marcati se la donna che riceve la diagnosi è anche madre. All’impatto, uno dei primi pensieri è quello di proteggere i propri figli da una notizia così carica di angoscia che appare ingestibile anche per se stessa.

Un atteggiamento di silenziosa protezione si contrappone all’impossibilità di nascondere la malattia, le cure e la prognosi. Sebbene la comunicazione all’interno della famiglia subisca dei cambiamenti, è sempre utile riflettere sulle risorse della famiglia stessa e di ogni suo singolo membro: ognuno ha la sua specifica tollerabilità alla verità e la sua reazione per affrontare le emozioni.

L’aspetto che appare fondamentale è la possibilità di non percepirsi soli ma il far parte di una rete che va dal nucleo familiare più ristretto alla comunità più ampia.

L’attenzione delle donne con tumore al seno metastatico è rivolta agli importanti cambiamenti estetici e psicologici che interessano il proprio corpo che, se solitamente, viene percepito come un rifugio, poi, può trasformarsi in un qualcosa di estraneo e minaccioso. Accanto alla percezione di un cambiamento della propria immagine corporea dovuta allo stadio di malattia, alle terapie, alla fatigue e alla perdita di energia, c’è anche il dolore fisico con conseguenti limitazioni nelle autonomie.

Aiutare i caregiver ad esprimere i propri vissuti ed affrontare le problematiche che si possono presentare nel quotidiano, significa aiutare tutto il sistema familiare.

Sostenere la speranza, favorire la condivisione emotiva, la complicità e l’intimità della vita quotidiana ha il senso determinante di dare continuità e stabilità.

Claudia Bonari

Le buone abitudini

Nel 1981 avviene un importante passaggio nella medicina: si arriva, infatti, ad un approccio preventivo piuttosto che solamente curativo. La pubblicazione di un elenco, scientificamente provato, sui principali fattori di rischio che possono promuovere la comparsa di un tumore, ha segnato questo cambiamento. Questi fattori, come indicato in letteratura, possono essere distinti in modificabili (stile di vita, ambiente) e non modificabili (età, sesso, patrimonio genetico).

Gli effetti, poi, di tali fattori dipendono da variabili come la durata e il tipo di esposizione al rischio o l’effetto combinato di due o più di essi.

La possibilità di modificare il proprio stile di vita, di seguire delle buone abitudini e il sottoporsi agli screening anche per individuare predisposizioni genetiche ereditarie o lesioni allo stadio iniziale, sono due degli aspetti sui quali ogni persona è chiamata ad interrogarsi ed, eventualmente, intervenire. La responsabilità individuale sulla propria salute si costruisce giorno dopo giorno attraverso scelte consapevoli che riguardano l’alimentazione, l’attività fisica ed i comportamenti non a rischio. Da decenni gli studi si focalizzano sul cambiamento dello stile di vita della persona come uno dei principali fattori per il mantenimento della salute.

Nel far questo è indispensabile non trascurare come i fattori culturali, etnici e sociali possano dar un diverso senso al significato di salute e malattia ed ai comportamenti che vengono messi in atto.

La persona, quindi, ha un ruolo assolutamente proattivo piuttosto che reattivo in quanto ha assolutamente parte di responsabilità per il proprio benessere.

Proporre attività rivolte alla popolazione tutta, non solo a quella interessata più o meno direttamente dal fenomeno. Queste rappresentano buone abitudini, volte a incrementare gli interventi di sensibilizzazione territoriale, arrivando anche a coloro che ancora non sono stati raggiunti dalle corrette informazioni.

Alla responsabilità individuale si arriva passando anche dalla consapevolezza dell’intera popolazione. Partendo, proprio da quest’ultimo concetto, l’Associazione Voglia di Vivere, da sempre attenta a queste tematiche, organizza la Sesta Edizione della Camminata in Città.

Partecipare ad iniziative di questo genere ha senso, quindi, non solo per se stessi ma anche per sensibilizzare la comunità in cui si vive al prendersi cura di sé.

Claudia Bonari

il trucco...

Il trucco…per sentirsi bene!

L’immagine che ogni persona ha di sé è frutto di un processo che dura tutta la vita, un aspetto che nel tempo, subisce modifiche, richiede accorgimenti e che, a volte, è più affine a chi si è, mentre altre è più lontana.
Parlare di “Immagine di sé” è parlare di un qualcosa di complesso fatto di immagini, percezioni auditive (parole e suoni), sensazioni cinestesiche, odori e sapori. Ma è anche riduttivo parlarne al singolare perché vi sono molteplici immagini di sé! Non si tratta un oggetto concreto, come una fotografia, ma di un processo. Ogni persona ne ha varie, a seconda dei contesti, dei ruoli in cui si trova a vivere ed agire.
L’idea che ognuno ha di se stesso si basa su tutte le esperienze personali e nasce da una “selezione” tra tutte quelle vissute. Selezionare le esperienze significa portarne in primo piano alcune ed è la salienza affettiva di ciascuna che fa sì che alcune rimangano accessibili alla consapevolezza ed altre stiano più sullo sfondo o vengano rimosse.
L’immagine che viene fuori da questo processo è quindi una mappa di se stessi e permette di riconoscersi e sentirsi “casa” nel proprio corpo. E, come in tutte le case, talvolta si può non star più bene.
Le terapie farmacologiche e gli interventi chirurgici, per esempio, possono modificare la percezione che si ha della propria immagine dal momento che esercitano una grande influenza sul corpo nel suo insieme.
Gli effetti collaterali delle terapie spesso portano a modificazioni repentine del proprio aspetto fisico che, per quanto transitorie, possono contribuire ad una caduta importante del tono dell’umore della persona che le vive.
“Perderò i capelli? Si vedrà la cicatrice? Avrò la forza di guardarmi allo specchio?”. Sono alcune delle domande che, in particolare, le donne si pongono e pongono ai curanti dopo aver ricevuto la diagnosi di tumore. Domande che, insieme ad altre continuano a risuonare nella mente.
I cambiamenti estetici possono spaventare anche chi, fino al giorno prima, riferiva di non prestare attenzione alla propria immagine: ma è normale farlo! Anche attraverso il corpo si comunica con il mondo esterno.
Occuparsi dell’aspetto fisico non è un vezzo, ma è un aspetto che non può che aiutare a mantenere un filo di continuità con la propria storia, fra il prima ed il dopo della diagnosi. Occuparsi di sé anche dal lato estetico significa occuparsi della propria vita, migliorandone la qualità anche in un periodo particolare come quello delle cure.
Pensare a sé e alla propria bellezza, nonostante il tumore significa anche modificare la percezione che si ha di se stessi, valorizzando i punti di forza senza “correre” a nascondere le eventuali conseguenze delle cure.
L’Associazione Voglia di Vivere, da sempre attenta alla qualità della vita delle donne e al loro benessere, propone un percorso per imparare a prendersi cura di sé e della propria immagine aperto alle donne in cura farmacologica e non solo. L’obiettivo è dare degli strumenti per sentirsi bene con se stesse ed affrontare la vita con un po’ di fiducia in più.

Claudia Bonari

dormire bene

DORMO QUINDI SONO

Perché bisogna dormire?”

Può sembrare facile rispondere a questa domanda ma spesso ci accorgiamo di quanto sia importante dormire bene (e di quanto sia difficile farlo) soltanto quando non ci si riesce più. In un’epoca in cui le persone devono rispettare tempi sempre più veloci, concedersi momenti di quiete è come una sfida ma diventa sempre più necessario per rafforzare il sistema organico.

Di per sé, il sonno, è un processo fisiologico che rappresenta un momento fondamentale di rigenerazione, di pausa e di eliminazione delle tossine e regolazione del metabolismo. Facilmente, però, è sottoposto a turbamenti a carico di fattori organici, psicologici e/o ambientali.

Durante il sonno, infatti, i ritmi biologici rallentano, l’organismo recupera le energie spese durante la giornata, il Sistema Nervoso riduce al minimo la sua attività a favore del Sistema Immunitario che, invece, la incrementa: la temperatura si abbassa, il metabolismo rallenta, la pressione sanguigna di stabilizza ed i tessuti si rigenerano.

A seconda dell’età anagrafica si ha bisogno di dormire una quantità di ore diversa per notte e il fabbisogno di riposo è una caratteristica individuale. Il passaggio dallo stato di veglia al sonno è regolato da una tempistica che varia da persona a persona e, in ognuna, può variare a seconda dell’età e del momento della vita.

Il primo accorgimento è quello di individuare le proprie esigenze di riposo e far di tutto per rispettarle poiché le variazioni (risvegli anticipati o lunghe notti senza sonno), così come livelli insufficienti di sonno e disallineamento circadiano, rappresentano un’alterazione dell’equilibrio naturale e possono portare, a lungo andare, a disturbi del sonno, insonnia e, più in generale possono influire negativamente su molti processi corporei, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari, oncologiche e diabete. Seguire il ritmo fisiologico naturale è di fondamentale importanza per non ritrovarsi stanchi e sonnolenti già di prima mattina, compromettendo il proprio tono dell’umore ed anche le proprie relazioni sociali.

Se anche i sonnellini possono portare ristoro, questi non possono sostituire il sonno durante le ore notturne: il nostro organismo è programmato per dormire di notte e per attivare in quelle ore tutti i processi di sostegno alla salute che sono biologicamente determinati.

Nello studio recentemente pubblicato su Sleep Medicine, i ricercatori sostengono che, in persone che, prima dello studio si coricavano molto tardi, anticipare la sveglia e coricarsi due ore prima rispetto al solito, ha comportato miglioramenti in termini di benessere mentale e fisico. Dalle analisi condotte è risultato che i partecipanti allo studio hanno migliorato le prestazioni cognitive con tempi di reazione più veloci e livelli più bassi di depressione, stress e sonnolenza nella mattinata. I ricercatori consigliano, quindi, di stabilire routine semplici che portino a regolare gli orologi interni migliorando la propria salute fisica e mentale complessiva.

Queste consapevolezze, insieme al caldo di questa estate che sta arrivando ma che, prepotentemente, si è già presentato ed inevitabilmente aiuta a rallentare i ritmi, possono essere prese come tempo per recuperare le energie e dare ristoro al nostro corpo e alla nostra mente.

Claudia Bonari

Social network

Le buone informazioni

Quanto è importante avere informazioni corrette sulla salute?

Secondo l’ultimo rapporto Censis, circa una persona su tre utilizza il web per avere informazioni sulla salute. In particolare, il 90,4% ricerca sintomi e cause di specifiche patologie.

Questi dati allarmanti hanno portato l’Istituto Superiore di Sanità a creare un portale (https://www.issalute.it/index.php/falsi-miti) volto a smascherare bufale, falsi miti e convinzioni pseudoscientifiche dannose per la salute.

Nel web si trova ogni informazione ed il suo contrario. Proprio per il contenuto che ogni notizia porta, vengono agganciate emozioni che hanno un impatto potente e tanto devastante quando si è già in una situazione di sofferenza e preoccupazione per la salute.

Nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità, sono già state smascherate 150 “notizie” alle quali è stata data una spiegazione scientifica a sostegno del fatto che siano bufale.

Sul portale, poi, sono presenti quattro sezioni: “La salute A-Z”, “Stili di Vita e Ambiente”, “Falsi miti e Bufale” e “News”. Queste possono orientare il cittadino a trovare l’informazione inerente a ciò che sta cercando.

La cattiva informazione porta, con maggiore probabilità, le persone a fare scelte pericolose per la propria salute e per quella della propria famiglia. Promuovere senso critico è un obiettivo che ogni società che si voglia ritenere avanzata, deve rivolgere a ogni membro che la compone. La consapevolezza permette ad ognuno di compiere scelte coerenti con le proprie necessità ed i propri valori.

La questione delle bufale è un fenomeno che, con l’utilizzo sempre maggiore dei Social Network, ha avuto un incremento esponenziale creando confusione e disinformazione. In un mondo che sta facendo della velocità e del “non avere tempo” le proprie caratteristiche, le persone, spesso, non hanno voglia o tempo di approfondire e si fermano ad un livello superficiale. Su questo terreno fertile la “cattiva” notizia trova spazio e favorisce un vortice di preoccupazione, ansia e rabbia.

Consultare le fonti ufficiali che si basano su competenze e conoscenze scientifiche, porre domande ai curanti e non fermarsi alla prima notizia ma approfondire con professionisti qualificati del settore, può essere davvero ciò che aiuta ad avere una risposta soddisfacente e coerente con i bisogni emersi.

Tutto questo vale sempre, tanto più quando si parla di salute!

Claudia Bonari

Primavera: “Splendere di nuovo”

Primavera: “Splendere di nuovo”

La vita invita, talvolta obbliga, a rinnovarsi, rimettersi al mondo cambiando se stessi e le cose intorno. Un po’ come la primavera, con il suo mutare dalle giornate più buie a quelle più luminose, dai colori più scuri a quelli più vivaci e vari.

Ognuno è chiamato a ricominciare più e più volte nella vita, a causa di un dolore, di un cambiamento o di un obiettivo che chiama al suo raggiungimento. La possibilità di rimettersi al mondo è data ed è una continua opportunità per rinascere ma nonostante la capacità e predisposizione alla rinascita ed alla trasformazione, «passare sopra la propria vita senza addentrarvisi può accadere con molta facilità» afferma Zambrano, una delle voci più significative della filosofia contemporanea.

Il rischio, in una vita che sfugge velocemente, è di vivere non pienamente, in un tempo che scompare prima che che si riesca a cogliere.

La consapevolezza di ciò che accade è quello che permette di vivere l’occasione del tempo dato, che non è necessariamente un tempo straordinario, ma è comunque un tempo in cui conta la capacità di accorgersi che la vita non è mai banale, senza dar niente per scontato.

Bloccarsi senza speranza, sopravvivendo nell’insoddisfazione, disinvestendo dalle proprie capacità, restando spettatori della propria vita magari pieni di rimpianti, rappresenta ciò che porta, se non ci si ferma, a lasciarsi travolgere dal tempo senza che se ne possa cogliere l’essenza.
Rimettersi al mondo più e più volte è difficile e spesso doloroso, necessita di dover rischiare, di trovare ed affidarsi ad un coraggio che seppur ridotto, è ciò che permette di fare come la fenice che risorge dalle proprie ceneri.

Mettersi in discussione significa cogliere la possibilità di rimaneggiare la materia che si ha tra le mani, ovvero la propria esistenza, osservando da un punto di vista sempre diverso, ascoltando le sensazioni, i desideri e le domande che sorgono in ogni momento. Ascoltarsi ed ascoltare il mondo intorno a sé dà la misura di ciò che si può cambiare di sé per adattarsi sempre più ai cambiamenti che la vita propone.

L’essere felici ha a che fare anche con l’accettare i limiti, convogliando le energie in ciò che è possibile cambiare e che è davvero importante. Rimettersi al mondo è frutto di tante azioni che oscillano fra il dischiudersi dell’esistenza e lo stare nell’ignoto.
Si può imparare dalle piante, dai fiori, che in questo periodo insegnano che, nonostante un rigido e faticoso inverno, ogni primavera si può ricominciare con una nuova esplosione di colori e di odori.

Claudia Bonari

Scelgo di esservi voglia di vivere

Scelgo di esserci!

Essere presenti è molto più che essere qui.
F. Scianna

Non è mai semplice mettersi in prima linea, parlare di sé e riavvolgere il nastro della propria esperienza soprattutto se si è dinanzi a tante persone. Il grande sforzo che richiede è però compensato dal beneficio terapeutico delle parole, del condividere e del potersi ascoltare commentando: “Ce l’ho fatta!”.

Partecipare richiede prendersi la responsabilità di se stessi, di chi si è e della propria storia e non è cosa di poco conto, osservare la propria vita che scorre o immergersi nel flusso continuo, a volte più calmo ed altre più impetuoso, è comunque un’esperienza molto coinvolgente.

Sabato 9 marzo abbiamo avuto l’onore di poter ascoltare Sandra e la sua storia, all’interno del Convegno che l’Associazione ha organizzato in Sala Maggiore a Pistoia e che ha visto la partecipazione di molte persone che hanno scelto di esserci, ognuna a suo modo! 

Sandra ha condiviso il suo percorso di vita durante le terapie oncologiche, utilizzando la parola, gli scritti e le immagini di quei momenti che ha voluto fermare con la fotografia. C’è stato poi anche chi, durante la Camminata organizzata in Ottobre, ha colto le diverse sfumature emotive dei partecipanti ed il significato che l’evento portava con sé.

Il titolo del Convegno è stato: “Sento, vedo, racconto. Il ritratto della salute”.

Sento: la centralità del sentire, la necessità di essere in contatto con le proprie emozioni, fidandosi di ciò che emerge, di ciò che si sente “di pancia”. Legittimando così tutte quelle sensazioni che, per quanto incomprensibili in un primo momento, in realtà sono lì per aiutare a dare significato all’esperienza. 

Vedo: osservare ciò che accade, come dall’alto, nel tentativo di valutare altri punti di vista, cercando la giusta distanza. 

Racconto: nel racconto di se stessi e degli altri, ognuno ha il proprio il canale attraverso il quale esprimere le proprie sensazioni dando loro un nome ed un significato. Esplicitare, portare fuori quello che si è sentito e visto, parlare a voce alta e così ascoltarsi, lasciando che le parole vibrino alla loro frequenza e, proprio per questo, a loro volta influenzino l’esperienza stessa.

Il Convegno ha rappresentato un’opportunità per osservare i diversi canali che le persone utilizzano per parlare di sé e leggere la realtà intorno: non uno più giusto e l’altro meno, ma tutti importanti e funzionali se su misura.

Nell’esperienza di Sandra è stato importante il potersi raccontare attraverso le immagini e le parole; le fotografie, per quanto con un forte impatto emotivo, hanno permesso la percezione di continuità di sé e non una frammentazione potente e distruttiva fra un prima “sano” ed un dopo caratterizzato dalla malattia.

L’importanza del parlare è direttamente proporzionale all’importanza di essere ascoltati, di avere la percezione che c’è qualcuno che è interessato ed ascolta. In questo processo, in cui siamo costantemente immersi, l’altro da sé che sceglie di esserci e diventare partecipe dell’altrui storia sia nel silenzio che attraverso altre parole, aiuta nel ridefinire il contenuto di ciò che si sta condividendo. 

La bellezza di esserci l’uno per l’altro, di non essere soli nell’affrontare le sfide che la vita pone è l’elemento che può fare la differenza ed eventi ed esempi di vita come questi non possono che esserne una testimonianza.

Claudia Bonari

Voglia di Vivere Parlare con le Immagini

Parlare con le immagini

“La fotografia è sempre biunivoca.
Racconta la realtà,
ma è anche lo specchio di noi stessi…”
F. Scianna

 

Sin dai tempi più antichi, l’uomo ha espresso la necessità di rendere manifesto il proprio mondo interiore. L’espressione artistica è da sempre stata il canale privilegiato attraverso cui esprimere le sensazioni che non si riescono a far emergere con le parole.
Attraverso l’azione creativa, l’immagine interna diventa immagine esterna, esplicitata, visibile e condivisibile. Diventa un ponte attraverso cui comprendere qualcosa in più di se e farlo comprendere all’altro.
Le emozioni hanno un’importanza fondamentale per lo sviluppo e l’esperienza umana, rappresentano la principale forma di comunicazione ed hanno un impatto molto più profondo delle parole: “Se le parole non sono accompagnate da emozioni appropriate, difficilmente vengono credute” (Duncan, 2007).
I gesti, le immagini, le metafore ed il tono della voce accompagnano ciò che diciamo attraverso le parole: questi elementi aiutano ad esprimere ed arrivare molto più in profondità. L’espressione artistica, come ogni espressione non verbale, stimola l’esplorazione e la comunicazione di aspetti di cui non si è consci.
Dall’Illuminismo in poi, sono stati privilegiati l’aspetto cognitivo, l’intelletto, la ragione, (aspetti caratteristici, in prevalenza, dell’emisfero sinistro) a discapito della creatività, della fantasia, dell’intuizione, delle percezioni sensoriali (aspetti più propriamente elaborati nell’emisfero destro).
Ai nostri giorni, è sempre più evidente come la condizione che garantisce un maggior grado di adattamento nell’ambiente, sia quella che integra aspetto cognitivo ed emotivo, la ragione con la creatività: non una divisione ma un’integrazione per vivere appieno la nostra esperienza.
Confrontarsi con un’immagine, ad esempio, permette di esprimere emozioni, sentimenti difficili da verbalizzare, promuove lo sviluppo e la capacità di un confronto con i propri comportamenti e le abitudini che, altrimenti, andrebbero in automatico. Favorisce l’immaginazione ed il processo creativo e migliora le capacità comunicative e, non per ultima, aumenta la propria autostima e la fiducia in sé.
Nel fotografare esprimiamo il nostro inconscio e viceversa nell’atto di guardare, decodifichiamo le immagini influenzati da esso. In questa ottica la fotografia diventa una preziosa chiave di accesso ai nostri vissuti profondi ed alle dinamiche che li sottendono.
Fotografare, guardare una fotografia sono esperienze che istantaneamente ci mettono in contatto con il nostro mondo interiore e col quale stanno in un rapporto di reciproca influenza.
Jim Casper afferma che: “Il linguaggio della fotografia continua ad essere sempre più interessante e complesso, in quanto diventa il mezzo di comunicazione più universale al mondo”.
In un momento storico in cui è sempre più necessario far rete, creare ponti fuori e dentro di noi, utilizzare un linguaggio che unisca piuttosto che divida, diventa sempre più importante e necessario.

Claudia Bonari

Voglia di Condividere Sostare in gruppo

So-stare in gruppo: imparare a suonare una sinfonia

Nessuno può fischiettare una sinfonia.
Ci vuole un’intera orchestra per riprodurla.
H.E. Luccock

In un mondo che ci porta sempre più spesso verso l’isolamento, al non creare legami e ad avere paura dell’altro, diventa ancora più vitale riconoscere e conoscere il valore dello stare insieme, del creare e mantenere relazioni: l’importanza del gruppo, del so-stare con altre persone condividendo emozioni ed esperienze arrivando così ad accrescere il bagaglio di ciascuno.
La condivisione è un collaborare per un obiettivo comune, non è un essere d’accordo o in disaccordo, ma un confrontarsi costantemente che richiede disponibilità a mettersi in gioco: il gruppo è ben più della somma dei singoli individui perché si crea un qualcosa che va oltre.
Un interesse, un’esperienza, un obiettivo…sono varie le motivazioni che portano le persone a stare insieme: c’è sempre un filo che lega, non è mai il caso ciò che ci porta ad avere accanto quella precisa persona in quel preciso momento della nostra vita. A volte è più facile da cogliere il motivo, altre sfugge, ma quel filo rosso esiste e rappresenta un’opportunità. Così come viene descritto in “Donne che comprano fiori”, il libro recensito questo mese, o come viene offerto nel gruppo di crescita personale che Voglia di Vivere propone: la condivisione è una sfida ma è ciò che ci può dare la spinta per quel cambiamento che aiuta ad essere più consapevoli.
“Vivere è un compito urgente!” questo ci dicono le protagoniste di “Donne che comprano fiori” e la dimensione del gruppo non più che essere uno strumento in più per rispondere a questa chiamata della vita!
Da quando l’essere umano è sulla Terra, ha sempre vissuto in gruppo, lo stare in relazione è un imperativo biologico! Con gli altri possiamo trovare una risposta a bisogni fisiologici e psicologici che da soli non possiamo soddisfare! Se ci pensiamo, da sempre siamo stati in relazione: già nella vita intrauterina siamo in relazione! Entriamo poi a far parte di una famiglia, di una classe quando andiamo a scuola e pratichiamo uno sport: il gruppo ha di per sé l’obiettivo di migliorare la sopravvivenza dell’individuo. L’evoluzione ci racconta proprio questo!
Far nascere e tenere insieme un gruppo non è mai semplice e non può essere opera di una persona sola: è necessario che i membri provino interesse l’un l’altro, nella consapevolezza che si va a costituire una realtà collettiva della quale è importante ci si senta parte, ognuno con il proprio ruolo.
Lo stare in relazione, poi, è anche responsabilità, è assumersi un impegno nel far sì che la voce di ognuno si armonizzi con la voce della collettività e ci possa essere uno scambio, un arricchimento reciproco. Gerbasi (1995) afferma che il gruppo è:

Un processo collettivo ed individuale, che parte da ognuno (…), si esplica nel collettivo con il sostegno di tutti e torna all’ individuale.

Sì, perché come detto, il ritorno poi è sul piano individuale: le energie messe nel collettivo sono energie spese per sé. Vogliamoci bene e lasciamo che anche gli altri ce ne vogliano!

Claudia Bonari

Voglia di vivere Fine anno

Fine anno: lasciare per ripartire…

Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli,
e per tracciarvi a fianco nuovi cammini.
Bisogna ricominciare il viaggio.
Sempre.
(José Saramago)

Fine anno è momento di bilanci, come un rito di passaggio fra il vecchio ed il nuovo, il certo e l’incerto nelle loro varie sfaccettature. Siamo pronti a salutare ciò che non desideriamo più?
Questi momenti possono essere utili per alleggerirsi dai pesi, dalle sensazioni che sentiamo non ci appartengono e, magari, sono proprio quelle che frenano. Mettere a fuoco le sensazioni nel qui ed ora, fare il punto come primo passo per mettere le radici al cambiamento.
Pensare ai mesi trascorsi, annotare i momenti difficili affrontati e darsi il tempo di scoprire, per ognuno di essi, l’insegnamento che ne è stato tratto. Questo processo a volte potrà essere più immediato, altre più difficile e allora, in questo caso, può nascere la possibilità di scoprire a cosa possa essere stato utile quell’ostacolo e quale nuova “carta” possa essere inserita nel proprio “mazzo”.
Riflettere sui propri punti di forza, sulle risorse, sulle cose sulle quali si può contare e sono vicine al proprio modo di essere: con un atteggiamento di questo tipo si può nutrire il cambiamento, con coraggio e benevolenza nei propri confronti.
Inciampare, tornare sui propri passi, sbagliare…e se fosse comunque un andare avanti? Un’evoluzione, in fondo la direzione della vita è “in avanti”. Quando si trova un ostacolo è facile scoraggiarsi, dimenticandosi quasi di tutte quelle cose dentro e fuori di noi che possono porgere una mano.
Domandarsi cosa può non aver funzionato o impedito di raggiungere i propri obiettivi, ascoltare quello che si sente “di pancia” e chiedersi se gli obiettivi, nel frattempo, non siano cambiati e sia questione di accorgersene e valutare quali strumenti abbiamo a disposizione.
Ed i momenti di felicità? Ripercorrerli con la mente, riassaporare le emozioni che hanno lasciato e custodirle laddove si potranno ritrovare ogni qualvolta se ne sentirà il bisogno.
E come impegno per il prossimo anno perché non proporsi di organizzare momenti in cui si possa fare esperienza delle emozioni che fanno bene al cuore?
Fantasticare e progettare su quei desideri che vorresti che nel 2019 si realizzassero, mettendo a fuoco obiettivi raggiungibili e per questo, fare in modo che il passato non sia una zavorra che tiene fermi, ancorati ed immobilizzati, piuttosto una base per partire e ripartire verso quello che ci sarà domani. Pertanto, chiedersi se ciò che si desidera è davvero ciò che si vuole ed è coerente con il proprio modo di essere. Permettere alla vita di fluire, cercando spazi di vita anche quando si incontra un ostacolo.
La leggerezza, quindi, può essere un “termometro” interiore che aiuta a capire quando lasciar scorrere per poter stare in contatto con se stessi.
L’augurio per queste feste è proprio questo, di poter tornare più leggeri ed in contatto con ciò che porta vita, nella nostra vita!

Claudia Bonari