Chi ha spostato il mio formaggio?

Da una parte due topolini intraprendenti, Nasofino e Trottolino, che lasciandosi guidare dall’istinto si trovano a risolvere una situazione di difficoltà, semplicemente affidandosi al loro intuito. Dall’altra due gnometti, Tentenna e Ridolino, dotati di forte capacità logica e di ragionamento, e che si trovano ad affrontare la stessa problematica di Nasofino e Trottolino.

Tutti e quattro vivono in un Labirinto, nel quale hanno trovato la fonte di sopravvivenza, un deposito di formaggio… o, meglio, Formaggio – sì, con la F maiuscola – per quanto riguarda gli gnomi: sembra cosa da poco, ma questa “F” fa una gran differenza. Infatti, mentre per i topini il formaggio è fonte di piacere e sopravvivenza, per Tentenna e Ridolino assume ben altro sognificato: il Formaggio è una ragione di vita, è la sicurezza, la certezza delle cose stabilite, della quotidianità immutabile perché consolidata.

Perciò, quando una mattina arrivano al deposito e di formaggio non ce n’è più, i topolini – che molto attenti al loro intuito si erano già preparati all’idea che qualcosa potesse cambiare – non si perdono d’animo e si mettono subito alla ricerca di nuovo formaggio.

Per i due gnomi, invece, le cose vanno diversamente: iniziano a perdersi in una serie inesauribile di valutazioni. Le loro certezze, la comodità, lo status acquisito – chiamatelo come vi pare – avevano fatto sì che Tentenna e Ridolino avessero indossato i comodi panni dell’arroganza, quelli che rendono immobili e placidi, anche di fronte alla palese necessità di rimboccarsi le maniche e ripartire. Così, una storia apparentemente banale ci induce a riflettere e guardare dentro di noi per trovare la forza di dare soluzione a un problema. Morale: sta solo a noi, non a qualcun altro, e quanto prima accetteremo l’idea che c’è da rimettersi in gioco, tanto meglio e più velocemente riusciremo a star di nuovo bene.

La storia inizia con una rimpatriata di amici, che tirano le somme delle loro esperienze trascorse, personali e professionali, e uno di loro afferma: “Ma avete notato quanto sia forte in noi il desiderio di non cambiare quando le cose intorno a noi cambiano?”; una domanda in cui sono contenute molte delle paure che oggi ci affliggono, legate al cambiamento non soltanto della nostra sfera personale, ma anche del mondo che ci circonda.

Ciò che dobbiamo imparare è che qualche cambiamento lo avremo sempre, ci piaccia o no, e che il modo migliore per affrontarlo è di coglierne i segnali semplicemente prestando attenzione a ciò che accade intorno a noi, senza avere la presunzione che tutto resti esattamente come piace a noi, come ci insegna lo gnomo Ridolino: “Annusa spesso il formaggio, così ti accorgi se diventa vecchio”.

Un atteggiamento che possiamo tenere se disposti a lasciar da parte tutti i freni imposti dalla paura del nuovo, perché il nuovo – di qualunque nuovo si tratti – può anche essere non negativo. Molto sta a noi deciderlo.

Alessandra Chirimischi

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Ugo Poli

Senza voler togliere alcun merito agli altri, ci sentiamo però molto orgogliose di poter vantare il nome di Ugo Poli fra coloro che hanno accettato di far parte della giuria di questo primo concorso.

Orgogliose perché è un uomo che ha molto a che fare con la bellezza, quella creata da Jorio Vivarelli e che Poli si è assunto il compito di divulgare, nella sua qualità di Presidente della Fondazione Pistoiese Jorio Vivarelli.

Da Villa Storonov – dove il Maestro abitava insieme alla moglie Giannetta e dove oggi hanno sede la Fondazione e uno splendido museo – si irradia verso il messaggio dell’artista che, a pieno titolo, il mondo intero celebra con le sue opere.

Il sito della Fondazione Jorio Vivarelli potrà offrirvi molte altre informazioni, molto dettagliate, oltre a proporre le immagini delle sculture che l’artista ha lasciato alla città: una collezione preziosa, valorizzata anche nello splendido giardino che circonda la villa e di cui la foto in copertina offre uno stralcio. L’immagine, infatti, si riferisce all’opera L’una per altra, un bronzo che lo scultore Vivarelli realizzò nel 1972: solo una delle tante meraviglie da scoprire nel giardino di Villa Storonov.

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Laura Pelagatti

Nata a Pistoia nel 1966, Laura considera la fotografia parte integrante della sua vita: lo è stata fin dalla nascita, quando la madre acquistò la sua prima macchina fotografica, una Voigtlander Vito C, divenuta poi compagna di avventure per Laura.

Da persona che ama sperimentare, e non sentendosi troppo legata alla tecnica – seppur la consideri necessaria – vede la foto come libera espressione, racconto, introspezione, passione, poesia, sogno, svago, fatica ma anche fonte di adrenalina, soddisfazione, confronto, crescita: uno stile di vita, appunto.

Ritrattista per vocazione, ama la figura umana soprattutto in movimento così che danza e teatro sono i soggetti preferiti da cogliere, in particolare durante le prove, quando ha più libertà per muoversi e interagire con gli artisti: un colloquio fra pari, aggiungiamo noi.

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Stefano Di Cecio

La responsabilità di una famiglia porta spesso le persone a fare dei compromessi: i figli sono impegnativi sotto ogni aspetto, morale e materiale: e se nel primo caso la ricchezza interiore è la moneta meglio spendibile per dar loro qualcosa di positivo, nel secondo la creatività non basta… anzi, come ci insegnano le vite di stenti patite da geni come Van Gogh, Gauguin o Modigliani – giusto per fare qualche esempio. 

Stefano Di Cecio da anni lavora come responsabile amministrativo in una società, ma è pensabile che un genio possa vivere di soli numeri? Ovviamente no. In parallelo alla concretezza professionale, Stefano ha gratificato la sua creatività coltivando la passione per la fotografia, una volta solo passatempo oggi mezzo che usa per comunicare sensazioni meravigliose perché ogni suo scatto “coglie l’attimo” immortalandolo nella sua espressione più sublime.

Per sua stessa ammissione, ama giocare con le immagini, strumento con il quale racconta la Vita – sì, proprio quella da scrivere con la “V” maiuscola – per esaltarla nella sua preziosità. Ecco allora che ogni foto diventa la voce che induce la gente a guardala (la Vita) ed a guardarsi per riconoscersi nella sua bellezza. Anche quando sembra che di bello ci sia ben poco. Le foto di Stefano Di Cecio sono un invito a non mollare, a vivere ogni attimo chiudendone in sé la preziosa esperienza che lascia. E lui ne è esempio.

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Filippo Basetti

Nato a Pistoia nel 1975, si occupa di arti visive. Non si pone il problema del mezzo ma del fine, ovvero raggiungere e restituire al meglio un’idea o un progetto. Passa così dalla fotografia, alla pittura, al video, al modello e all’installazione. Quasi tutti i suoi lavori, si rifanno all’architettura, alla sociologia, alla fantascienza e alla visione organica della società, come unicum organismo vivente. Lavora inoltre per studi di architettura come designer tridimensionale, fotografo e videomaker per case editrici, agenzie di comunicazione, enti pubblici, associazioni e privati, ed è fondatore della rivista digitale “Uau Magazine”, oltre ad avere al suo attivo numerose mostre: il sito personale www.filippobasetti.com rende al meglio l’idea della sua ecletticità.

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I collaboratori: Lisa Sequi

Lisa Sequi è la dietista che si occupa dell’ambulatorio nutrizionale: il suo curriculum parla per lei, in termini di competenze, veramente solide.

  • 2002 – con il massimo dei voti, si diploma Dietista presso l’Università degli Studi di Firenze
  • 2007 – con votazione 110/110 e lode, consegue la laurea in Dietistica presso l’Università degli Studi di Chieti e Pescara
  • 2010 – completa il master in Disturbi del comportamento alimentare in età evolutiva, presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Firenze
  • 2014 – vince la borsa di studio presso AOUC Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi per il progetto Centro di assistenza valutazione clinica e ricerca degli atleti a favore della SOD Agenzia di Medicina dello Sport.

Dal 2002 è impegnata come dietista presso studi medici, studi privati, ambulatori della Pubblica Assistenza e della Misericordia, oltre ad aver maturato esperienza clinica in case di cura private convenzionate con il SSN, occupandosi di alimentazione in riabilitazione cardiologica, disfagia, dialisi, malnutrizione, obesità ecc.

Dal 2015 collabora con ISPRO (Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica) della Toscana, partecipando attivamente a progetti di ricerca su alimentazione e stili di vita per la prevenzione oncologica. Contemporaneamente, è impegnata in attività di consulenza nutrizionale per LILT, presso il Cerion di Firenze, e per l’associazione di volontariato pistoiese Voglia di Vivere, rivolta alle donne operate al seno.

Responsabile scientifico e relatrice a convegni e incontri informativi e di prevenzione su tematiche come il diabete, i disturbi del comportamento alimentare, lo sport, la nutrizione in prevenzione e terapia oncologica, si è occupata anche di ristorazione collettiva come consulente e docente per aziende private e comuni.

Comprendere fino in fondo quanto sia affidabile è molto semplice: la incontri, e capisci subito di essere di fronte a una persona qualificata e disponibile, la professionista che ti mette a tuo agio perché è consapevole del tuo disagio, delle tue paure, delle difficoltà che incontrare il cancro comporta. E… visto che l’abbiamo coinvolta per avere da lei i primi suggerimenti pratici per superare nel modo migliore i malesseri da terapia, le abbiamo anche posto qualche domanda, forse un po’ più curiosa che pratica.

GUARDA L’INTERVISTA!

 

I collaboratori: Beatrice De Biasi

Nata a Venezia nel 1973, Beatrice De Biasi si è laureata in Psicologia a Padova nel 1998, e successivamente specializzata in Psicoterapia umanistica integrata e psicoterapia per l’infanzia e l’adolescenza.

Collabora con l’Associazione Voglia di vivere dal 2008 occupandosi del sostegno psicologico per i malati e i loro familiari, riservando particolare attenzione ai temi relativi alla malattia e alla morte spiegata ai bambini.

Fin dall’adolescenza ha frequentato gruppi di volontariato all’interno dei quali ha coltivato la passione per l’ascolto e il sostegno: quel volontariato che da sempre l’ha fatta sentire coinvolta nella creazione e realizzazione di progetti volti a sostenere le persone in difficoltà. Attraverso le associazioni ha sperimentato il senso di appartenenza e la forza vitale e affettiva che nasce dal lavoro di squadra.

Esperienze che oggi la fanno essere altamente competente per lavorare nella formazione, consulenza e conduzione di gruppi: a questo proposito aggiunge che per lei “significa partecipare alla crescita delle persone ed essere costantemente affascinata dai profondi cambiamenti che ognuno di noi può realizzare. Per sé e per gli altri.”

Antico come la Terra

Nella storia, il melone è stato un orfanello che si è guadagnato casa, e dignità: le sue origini, infatti, sono talmente antiche da non aver permesso ad alcuno di attribuirgli adeguati natali. Perciò, dobbiamo prender per buono quanto alcuni affermano circa il fatto che ci arrivi dall’Africa o dall’Asia Minore, dove in origine nasceva spontaneo trovando gli elementi che richiede per crescere bene, ovvero terreni a medio impasto tendenzialmente ricchi di sostanza organica, e temperature sufficientemente elevate, oltre che prive di eccessivi sbalzi climatici.

Pur perdendosi la sua storia nella famosa notte dei tempi, certo è che la presenza del Cocumis melo è documenta fin dai tempi antichi: lo raccontano Sumeri ed Egizi, lo cita Mosè e non si tirano indietro a parlarne neppure i Greci, e con loro i Romani che lo “esportarono” in tutte le regioni dell’Impero in cui fosse possibile coltivarlo. Sopravvissuto alla decadenza dell’Impero Romano grazie a Carlo Magno – che nell’800 d.C. lo riscoprì facendo piantare il Cucumis melo a suo tempo portato in Spagna dai Mori – il succoso melone deve il proprio successo a Marco Polo e al suo “pallino” per i commerci! Considerato cibo prelibato era consumato soprattutto dalle persone abbienti, quelle più istruite e culturalmente raffinate, tanto che il melone fu considerato un bene di lusso. Fu poi l’arte rinascimentale a conferirgli ancor più prestigio, quando – insieme ad altri frutti prelibati – lo mise a inghirlandare i festoni con cui si abbellivano edifici e monumenti.

A cantarne i pregi troviamo pure il Boccaccio (che lo chiamava popone, come ancora oggi avviene in Toscana), ma il riconoscimento più prestigioso il melone lo deve ad Alexandre Dumas – il padre dei tre Moschettieri, per intenderci – che ne era particolarmente ghiotto. Lo apprezzava così tanto che quando dalla biblioteca di Cavaillon – cittadina nei pressi di Avignone cui fece dono di circa 400 volumi – gli chiesero cosa volesse come compenso in cambio del suo generoso contributo, rispose con la richiesta di 12 meloni l’anno, fin quando fosse vissuto: quale migliore garanzia sulla bontà dei meloni di Cavaillon?

Il melone è oggi coltivato in tutte le regioni calde del mondo, in particolare in Europa e Stati Uniti: di conseguenza, molte sono le varietà di questa cucurbitacea dal fusto strisciante, i cui frutti prendono varie forme e colorazioni a seconda dell’area di coltura.

I meloni si distinguono in estivi e invernali: i primi hanno la polpa molto più profumata, gli altri sono un po’ meno saporiti, ma la distinzione principale riguarda la forma – tondeggiante o ovoidale – e la buccia, che varia molto sia nella colorazione sia nella composizione della superficie, da liscia a più o meno reticolata.

Queste informazioni non sono comunque sufficienti per scegliere il melone giusto! Non è infatti facile trovare quello più saporitamente zuccherino: limitiamo allora la scelta evitando i frutti eccessivamente maturi, che potrebbero avere tracce di muffa o qualche ammaccatura. Se possibile scartiamo anche quelli non ancora ben maturi, ma nell’eventualità lasciamoli all’aria fin quando non si saranno ammorbiditi: sono poi da conservare in frigo, e vanno consumati nel giro di pochi giorni. In ogni caso, la scelta del melone vi offre la possibilità di fare la scena degli intenditori che, dopo averlo afferrato delicatamente, lo posano sulla mano per rimirarlo, annusarlo, tastarlo leggermente, rimirare il picciolo… fa sempre effetto!

Ricordiamo che la maggior parte delle varietà di melone è disponibile da giugno a ottobre, e che questo delizioso frutto – spesso servito come contorno, insieme a salumi e formaggi – è una fonte di vitamina A (nella varietà a polpa giallo-arancio), vitamina C e potassio. È un alimento ricco di acqua e dissetante, perfetto per dare refrigerio durante le torride giornate estive.

Alessandra Chirimischi

Il melone: consigli alimentari

 

 

 

 

La dietista raccomanda… il cocomero

Il cocomero è noto per essere un frutto a basso potere calorico, solo 15 kcal ogni 100 grammi in quanto ricchissimo in acqua, tanto che la porzione suggerita è pari a 450 grammi senza buccia. Si pensi che il peso di un frutto medio come la mela è considerato pari a 150 grammi, quindi circa un terzo del peso del cocomero.

È un ottimo ingrediente per preparare acque aromatizzate, e può essere utilizzato anche in originali insalate: vediamo come.

Per preparare un’acqua aromatizzata all’anguria, versate in un barattolo di vetro 5 o 6 cubetti di questo frutto. La quantità di frutta da utilizzare dipende dalle dimensioni del barattolo e dall’intensità di sapore desiderata. Per un effetto rinfrescante, insieme all’acqua unite anche qualche fogliolina di menta. Un paio d’ore in frigo e… sarà una bevanda perfetta!

Per un’insolita insalata estiva, tagliate l’anguria a cubetti o a piccole fette sottili, e aggiungete del pecorino o della feta, secondo il vostro gusto. L’abbinamento è insolito, ma con l’aggiunta di un cetriolo, un pizzico di sale e un filo di olio il successo a tavola è assicurato. Volendo possono anche essere unite delle spezie per esaltare il gusto della vostra originale insalata.

Lisa Sequi, dietista