La posta in gioco
La chemio proprio non mi andava giù: il primo ciclo lo vissi in modo direi drammatico, probabilmente spaventata dai troppi consigli dei soliti saputelli che si premuravano di informarmi su cosa mi sarebbe accaduto… meno male che non sono mai stata troppo a sentire i discorsi, non fa parte del mio modo di essere, e pur essendo in determinati momenti più fragili e vulnerabili, riuscii ad affidarmi ai soli pareri dei medici che si occupavano di me. Ricordo che, quando a distanza di due anni dal primo intervento mi fu diagnosticata la metastasi ai polmoni, il pensiero che subito si insinuò nella mente fu non tanto il fastidio di dover affrontare di nuovo la sala operatoria, ma proprio il terrore di dovermi sorbire ancora una volta la sbobba! Perciò – dopo le rinnovate coccole di medici, infermieri ed OS del reparto di Chirurgia Est all’Ospedale del Ceppo di Pistoia – nel momento in cui mi trovai di nuovo davanti all’oncologo, non ero proprio ben disposta nei confronti suoi e di quello che mi aspettava. Era la prima volta che incontravo il Dott. F.B. ed apprezzai da subito la sua disponibilità, la completezza delle spiegazioni che mi offriva sui trattamenti che prevedeva per me; così, iniziai la nuova terapia con uno stato d’animo diverso, disposta ad accettarla ed a cercare di minimizzare i fastidi e concentrandomi di più i benefici che mi avrebbe dato.
E ancora oggi è come se fossi di fronte al Dott. F.B. quando, guardandomi dritta negli occhi, mi ricorda quanto valga la pena stringere i denti, visto il valore de “la posta in gioco”. Aveva ragione, stavamo parlando della mia vita.