La ribollita: trionfo di verdure

La ribollita è un piatto che richiama non tanto la mia infanzia, poiché a Pistoia si è soliti fare la zuppa col pane ammollato, ma non “ricotto”, quanto, invece, un aspetto importante della “contaminazione” positiva ricevuta da mia suocera, contadina proveniente dal Mugello, che preparava un’ottima ribollita, talvolta aggiungendo anche la cotenna di maiale che ho volutamente omesso nella ricetta per rendere questo piatto gustoso ma meno ipercalorico. Ho invece lasciato il prosciutto, poiché rende il piatto più saporito ma con meno necessità di aggiunta di sale.

La ribollita si può accompagnare con spicchi di cipolla rossa cruda (meglio se di Tropea)… chi vuole ne può gustare l’alchimia… e… buon appetito!

La ricetta

INGREDIENTI (per 6 persone):

  • 300 g. fagioli borlotti secchi
  • 300 g. fagioli cannellini secchi
  • 3 zucchini
  • 1 manciata di fagiolini
  • 2 mazzetti di bietola
  • 1 mazzetto di cavolo nero
  • 1 cavolo verza piccolo
  • 2 gambi di sedano
  • 4 carote medie
  • 4 patate
  • 3 pomodori maturi
  • 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
  • 1 cipolla
  • 1 rametto di pepolino (timo)
  • 1 rametto di rosmarino
  • 1 spicchio d’aglio
  • 3 cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva
  • 1 fetta abbastanza spessa di prosciutto crudo
  • sale e pepe q.b.
  • 300 g. di pane toscano cotto a legna raffermo

PROCEDIMENTO

Mettere l’olio Extravergine di Oliva in un tegame molto capace e far rosolare il prosciutto tagliato a cubetti con la cipolla finché questa non si sarà imbiondita e con l’aglio, il pepolino e il rosmarino.

Unire il pomodoro tagliato a pezzetti e il concentrato.

Aggiungere un po’ di broda dei fagioli preventivamente bolliti, unitamente ai fagioli passati al setaccio (lasciarne da parte qualcuno intero, sia cannellino che borlotto, da aggiungere quasi a fine cottura)

Mettere tutte le verdure spezzettate e ben lavate, partendo da quelle che necessitano di maggior cottura (cavolo, fagiolini, sedano, bietola, carote, patate e, infine, le zucchine).

Aggiungete 4-5 ramaioli di acqua fredda, salate, pepare e fate bollire a fuoco lento per almeno 2 ore. A fine cottura trasferite una buona parte della broda di verdure in una grossa padella.

Incorporate il pane raffermo, tagliato a cubetti (lasciate da parte un po’ di verdura a fine cottura o per diluire il pane se si addensa troppo) e fate cuocere finché il pane si sarà completamente amalgamato alle verdure.

Servire ben calda e aggiungere olio Extravergine di Oliva a crudo, con una macinata di pepe fresco.

Il pane pasquale di Isia

Isia era originaria della zona dell’Orsigna, nell’Appennino Tosco Emiliano, poi, conosciuto Ruggero, si era sposata ed era andata ad abitare a Campo Tizzoro, villaggio costruito dagli Orlando per gli operai della loro grande industria metallurgica S.M.I.
Donna forte, eppure semplice, massaia dai grembiuli a fiorellini, era molto elegante e curata quando usciva; ornava i cappotti con spille dorate e colli di pelliccia che davano al suo bel viso un’aria da gran signora, aveva tra le mura domestiche un carattere ‘pepato’, ma sapeva anche ridere e sorridere ed era una chioccia i nipoti. La ricordo, oltre che con un immenso affetto, sempre con il mestolo in mano. O lo roteava nella nostra direzione a causa delle marachelle compiute o lo girava nei pentoloni sul focolare…

Nei giorni precedenti la Pasqua iniziava la grande lavorazione dei pani pasquali che dopo la benedizione in chiesa avrebbero costituito la base del pranzo del dì di festa.

Venivano ad aiutarla la sorella Elda, i figli Roveno e Silvano, la figlia Silvana, le nuore Elisabetta e Ietta, tutti quelli a disposizione, insomma. Noi bimbetti si assisteva con il naso sul tavolo e gli occhi spalancati verso la grande spianatoia.

Il profumo che si sprigionava dal forno a legna era meraviglioso: era come l’abbraccio della mia grande nonna.

Ricetta

INGREDIENTI (a occhio…)

  • ½ chilogrammo di farina 0
  • 1 ettogrammo di burro e 1 ettogrammo di zucchero
  • un pizzico di sale
  • uvetta a piacere
  • un goccio di cognac o sambuca
  • 2 uova intere
  • 1 bustina di lievito da dolci, o da pane, o lievito di birra
  • anacini a occhio
  • un poco di buccia di limone grattugiata

PROCEDIMENTO

Prendiamo la farina e mettiamola a fontana sulla spianatoia, aggiungiamo la buccia del limone grattugiata, lo zucchero, gli anacini, le uova, il burro sciolto a bagnomaria, il lievito sciolto nel latte, un goccio di cognac e impastiamo.

Poi aggiungiamo l’uvetta precedentemente ammollata. Si lavora bene bene fino a d avere un bel pane. Lo lasciamo lievitare venti minuti sulla spianatoia e intanto accendiamo il forno. I più fortunati useranno un forno a legna.

 

Prendiamo un foglio di carta gialla e lo ungiamo con l’olio di oliva. Ci mettiamo sopra il pane lievitato e mettiamo in forno a 180 gradi per 40 minuti.

 

 

 

 

 

 

 

Pesce spada al piatto

Questa ricetta per me ha il sapore nostalgico della famiglia d’origine, della Sicilia. Mi ricorda quando, da bambina, mia mamma mi portava al mercato del pesce perché… «Il pesce spada va comprato freschissimo» diceva, e voleva le tagliassero la fetta davanti a lei, dal pesce intero, con la testa e la spada perché… «Se il pescivendolo è birbante ti rifila una fetta di pescecane!»

Durante la cottura si sprigionava il tipico odore buono e profumato di pesce, lo riconoscevo subito quando tornando da scuola entravo in casa e lei mi sorrideva dicendomi che aveva fatto il pesce al piatto, quello che fa venire la “voglia di vivere” al solo pensiero di mangiarselo.

La ricetta

INGREDIENTI

  • una fetta di pesce spada fresco
  • pomodori datterini
  • uno spicchio di aglio
  • prezzemolo
  • olio e sale

PROCEDIMENTO

Procuratevi un tegame largo e basso e un vassoio tondo che sia sufficientemente grande da coprire il tegame, perché dovrete cuocere al vapore, e un coperchio adeguato a coprire il pesce nel vassoio.

Per prima cosa riempite di acqua il tegame e portate a ebollizione, nel frattempo lavate il pesce e mettetelo nel vassoio, sistemate attorno i pomodorini tagliati a metà per la lunghezza e l’aglio tagliato in quattro parti. Aggiungete prezzemolo, olio e sale.

 

Appena l’acqua bolle mettete il vassoio sul tegame e coprite con il coperchio. La cottura richiede circa un’ora (dipende dallo spessore della fetta di pesce spada). Di tanto in tanto aggiungete acqua nel tegame.

A cottura ultimata avrete un piatto sano e nutriente con il suo contorno.

Volendo, si accompagna bene anche con patate lesse.

 

Le braciole in salsa della zia Maria Grazia

Il borgo di Cecina di Larciano, posto su un colle a poco più di centotrenta metri di altezza, nell’area del Montalbano, è un paese di antiche origini che nell’età medioevale ebbe un ruolo considerevole in quanto castello posto a guardia dei confini meridionali del territorio comunale pistoiese, insieme a Larciano e Lamporecchio e collegato ad ovest con Serravalle, punto strategico fondamentale. Maria Grazia andava spesso a Cecina di Larciano a trovare la cognata Grazia, moglie del fratello Giorgio, e oltre alle lunghe passeggiate nei colli, alle confidenze sulle vicende familiari, sulle persone che conoscevano, si facevano compagnia cucinando e passandosi le ricette di famiglia.

La cognata amava in particolar modo le braciole al sugo di Maria Grazia, che non poteva tornare nella sua Pistoia se non dopo aver cucinato e diffuso o il profumo della sua ricetta per tutto il borgo di Cecina!

La ricetta

INGREDIENTI

  • 4 braciole di vitello
  • 2 uova
  • pangrattato
  • sale
  • salsa di pomodoro
  • olio di oliva
  • prezzemolo
  • una cipolla rossa
  • 2 acciughe sfilettate

 

PROCEDIMENTO

Sbattere le uova e aggiungere un pizzico di sale. Passare le braciole nell’uovo e dopo nel pane grattugiato. Mettere dell’olio di oliva nella padella e quando è caldo aggiunge le braciole impanate.

 

A parte preparate tegame con prezzemolo e cipolla rossa tagliata sottile e si fa soffriggere piano. Appena il soffritto prende il colore si aggiunge la passata di pomodoro.

 

Si fa cuocere per circa 10 minuti. Dopo si aggiungono due acciughe deliscate e infine si aggiungono le braciole, scolate dall’olio di cottura, e si fanno andare per cinque minuti nella salsa.

 

E buon appetito!

 

Chipa di casa mia

Ogni anno ricevo dalla mia famiglia un pacco pieno di calore. È un pacco che apro tenendo gli occhi chiusi, perché so già che contiene il profumo del mio Paese, della tradizione in cui sono cresciuta e che mi è tanto cara. Infatti, quel pacco mi porta molto di più che un cibo tipico – le chipas – lui racconta la nostra storia che si svolge in un particolare periodo dell’anno, quando insieme ci troviamo per prepararlo.

La chipa è infatti un pane preparato dall’intera famiglia durante la Settimana Santa, una tradizione molto sentita: il mercoledì ci ritroviamo insieme, grandi e piccini, e ciascuno fa la sua parte per impastare, dare forma e poi infornare le chipas nel tatakua (il tipico forno in terracotta) da cui usciranno le fragranti pagnotte che la famiglia consumerà fino alla domenica di Pasqua. È anche usanza del venerdì, giorno del digiuno, mangiare solo le chipas inzuppate in un infuso preparato con le foglie essiccate del mate, una pianta molto diffusa dalle nostre parti.

Ecco perché il pacco con le chipas che arrivano dalla mia famiglia mi è tanto caro, mi porta coi ricordi insieme a loro, in quella settimana santa e speciale per la tradizione.

La ricetta

INGREDIENTI – per circa 15-20 chipas (dipende dalla forma che diamo)

  • 1 kg farina di mais
  • 1 kg farina di manioca
  • 6 uova
  • anice (qb, a gusto personale)
  • un cucchiaino scarso di sale
  • 250 gr di burro
  • latte (quantità via via necessaria per dare all’impasto una consistenza morbida, tipo quella della pizza)

PROCEDIMENTO

Mettere le due farine in un recipiente piuttosto grande, insieme a sale e anice: usiamo per l’anice un piccolo trucco, lo strusciamo un po’ fra le mani prima di aggiungerlo alle farine, così si scalda quel tanto che basta per farlo essere più profumato.

Sbattere le uova con il burro, in modo da formare una sorta di crema che aggiungeremo alle farine, poi iniziamo a mescolare: a questo punto iniziamo a incorporare il latte, poco alla volta, fin quando la pasta prende una consistenza morbida (come indicato sopra).

Dalla pasta così ottenuta si prendono dei pezzetti, e si dà loro l’aspetto che preferiamo: pagnotte semplici oppure forme come cerchi, animaletti, trecce, fiori… a fantasia. I bambini saranno i più felici di questo bel gioco!